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Vaiolo delle scimmie, sottogruppo Clade I sorvegliato speciale

Lo conferma una ricerca italiana

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 19 AGO - Il sottotipo più aggressivo del vaiolo delle scimmie, o Mpox, è Clade I, originario della Repubblica Democratica del Congo e in grado di evolversi più rapidamente rispetto al sottotipo Clade II. Lo indica la ricerca italiana presentata alla rivista The Lancet Infectious Disease e condotta dall'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare del Campus Bio-Medico di Roma, con Francesco Branda e Massimo Ciccozzi, insieme a Giancarlo Ceccarelli del Policlinco Umberto I di Roma, Antonello Maruotti della Libera Università Maria Ss Assunta e Fabio Scarpa dell'Università di Sassari.
    Clade I è il più letale, con un tasso di mortalità stimato intorno al 10%, per decenni è stato endemico nell'Africa Centrale, in particolare nel bacino del Congo, e soltanto adesso è uscito dall'Africa; a caratterizzarlo è un tasso di evoluzione molto lento e la presenza, nel suo genoma, di tratti molto antichi stabili.
    Il sottotipo Clade II, endemico in Africa occidentale, è molto meno aggressivo, con un tasso di mortalità inferiore all'1%. Per queste sue caratteristiche, Clade II è il sottotipo più diffuso e da tempo è riuscito a diffondersi fuori dall'Africa.
    Gli autori della ricerca rilevano che "è cruciale continuare a monitorare i genomi per valutare la composizione e la variabilità genetica dei nuovi casi, al fine di collocarli in un contesto più ampio e seguirne l'evoluzione in tempo reale.
    Questo - osservano -aiuterà a garantire la preparazione per il contenimento e la gestione del problema. Inoltre, una visione più completa consentirà lo sviluppo di modelli predittivi".
    I ricercatori rilevano inoltre che "le esperienze delle epidemie passate, fra le quali Ebola, Covid-19 e l'epidemia di Mpox del 2022, offrono lezioni cruciali che non devono essere dimenticate. Queste crisi hanno evidenziato l'importanza di un intervento tempestivo, di una solida infrastruttura sanitaria e della collaborazione internazionale. La comunità globale - rilevano -deve unirsi nella solidarietà, riconoscendo che le malattie infettive non rispettano i confini e che una minaccia per una regione è una minaccia per tutte". (ANSA).
   

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