Da un lato ci sono i medici, che sono invitati a "essere molto attenti ai messaggi di natura pubblicitaria che diffondono sui social", e dall'altro ci sono i cittadini che "dovrebbero sempre verificare le informazioni ottenute attraverso questi canali". E' un rapporto complesso quello tra mondo medico-scientifico e social: "il punto è che dobbiamo fare i conti con una normativa europea che equipara il professionista sanitario alle imprese, e questo complica le cose".
Il medico e lo specialista, chiarisce Anelli all'ANSA, "è libero di proporsi e fare pubblicità informativa sanitaria, ma deve ovviamente rispettare delle regole e ci sono dei confini precisi stabiliti dal nostro Codice deontologico". A delinearli è l'articolo 56 del Codice: "La pubblicità informativa sanitaria del medico e delle strutture sanitarie pubbliche o private - si legge infatti - nel perseguire il fine di una scelta libera e consapevole dei servizi professionali, ha per oggetto esclusivamente i titoli professionali e le specializzazioni, l'attività professionale, le caratteristiche del servizio offerto e l'onorario relativo alle prestazioni. La pubblicità informativa sanitaria, con qualunque mezzo diffusa, rispetta nelle forme e nei contenuti i principi propri della professione medica, dovendo sempre essere veritiera, corretta e funzionale all'oggetto dell'informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria".
Dunque, il medico può proporsi, poichè farsi una pubblicità veritiera non è vietato, ma è importante che il cittadino controlli le informazioni diffuse sui social. E' infatti possibile per ciascuno, afferma Anelli, fare una serie di verifiche: "Innanzitutto verificare i titoli pubblicizzati dal professionista controllando sul portale della Fnomceo o dell'Ordine di appartenenza, e nel caso in cui non esista un Albo specifico si può ad esempio verificare l'iscrizione del professionista a società scientifiche".
Ciò premesso, rileva il presidente Fnomceo, "va però detto che esiste un normativa complessa e controversa. Come Ordine avevamo infatti proposto di poter esercitare un'azione preventiva di controllo, ovvero di poter intervenire approvando o censurando il messaggio pubblicitario del singolo professionista. Ciò però, sulla base delle norme attuali, non è possibile in quanto si configurerebbe come una interferenza nella libera concorrenza, secondo la legge sulla concorrenza che recepisce la direttiva europea Bolkestein che impone una serie di regole a favore della concorrenza nel settore dei servizi e delle imprese". In altre parole, commenta Anelli, "l'Ordine non può limitare la libera concorrenza. Ma tutto ciò si fonda su un principio sbagliato: risente cioè di un'interpretazione della professione medica che ci vede equiparati a delle imprese, ma noi siamo dei professionisti sanitari e non imprese".
A condizionare è dunque l'orientamento dell'Europa: "E' un problema giuridico, ma non c'è al momento la volontà di modificare la direttiva Bolkestein in merito a questo aspetto". Una questione complessa e non nuova. Già nel 2014, sottolinea Anelli, "la Fnomceo è infatti intervenuta su questo tema ed è stata per questo multata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato". La ragione, conclude, è che il "Codice deontologico dei medici non può limitare appunto la libera concorrenza, anche se si tratta di professionisti sanitari e non di imprese".
Medici e social, 'la pubblicità è libera ma è necessario verificare'
Anelli (Ordine), il nodo della norma Ue che ci equipara a imprese