L'interruzione volontaria di gravidanza in Italia non è garantita uniformemente sul territorio nazionale. Tuttavia a essere inaccessibile non sono solo i servizi, ma anche le informazioni necessarie alle donne per scegliere a chi rivolgersi. È quanto denuncia l'associazione Luca Coscioni, che questa mattina ha reso noti i risultati di un'indagine ("Mai dati 2") condotta dalle giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove e finalizzata a conoscere l'applicazione della legge 194 livello di singolo ospedale.
"Per poter davvero scegliere di andare in un ospedale o in un altro, dobbiamo avere delle informazioni aggiornate e non vecchie di 3 anni e che riguardano le strutture e non le Asl o le Regioni", spiegano Lalli e Montegiove. "A cosa ci serve sapere cosa succede in Umbria o nel Lazio? A niente. Ci serve sapere che cosa succede nella specifica struttura".
Nel corso dell'indagine, le richieste dell'associazione, quasi mai hanno trovato risposte soddisfacenti. Da Sicilia, Calabria e Abruzzo non è arrivato alcun dato; nella grande maggioranza degli altri casi i dati erano invece parziali, poco accessibili, datati o non a livello di singola struttura. Non sono mancati i casi, poi, in cui a essere oscurate erano informazioni essenziali come quella sulla quota di medici obiettori. Le poche informazioni ottenute, comunque, confermano le difficoltà di accesso all'interruzione volontaria di gravidanza in molti contesti, con molte strutture in cui si riscontrano tassi di obiezione superiori all'80% e in alcuni casi del 100%.
"Questo ritardo e la mancanza di dati per singola struttura sono una vera e propria violenza istituzionale che ostacola l'esercizio di un diritto fondamentale delle donne", afferma la segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni Filomena Gallo. Chiediamo alle istituzioni di garantire l'accesso ai dati disaggregati e di rimuovere gli ostacoli che impediscono l'esercizio di un diritto tanto importante com'è quello alla salute", conclude.