ROMA- Gli adolescenti italiani sono sempre più 'connessi': tutti (oltre il 97%) presenti sui social e per il 40% di loro la rete è il luogo per fare nuove amicizie. Ma ad allarmare è la poca prudenza con la quale utilizzano internet: anche quando le informazioni su come proteggersi dai rischi della rete le hanno, circa il 60% dei teen-ager non ne tiene conto.
E' la fotografia dell'indagine 'Adolescenza e Socialità', realizzata dalla Società Italiana di Medicina dell'Adolescenza (SIMA) e dall'Associazione Laboratorio Adolescenza (su un campione di 2000 studenti di terza media), che sarà presentata a Pisa nell'ambito del Congresso SIMA. Se scuola e sport sono al primo e secondo posto tra i "luoghi" in cui si creano le nuove amicizie (indicati dal 96% e dal 72% degli adolescenti), circa il 40% degli intervistati (era il 31% nel 2012) ha affermato che i nuovi amici si trovano attraverso rete e social.
Pressoché tutti gli adolescenti utilizzano almeno un social e, in media, ciascuno ne utilizza 3-4. In cima alle preferenze c'è whatsapp (97,2%), seguito da Instagram (75,1%), mentre la star del momento è snap-chat, che in un anno è passato dal 12% al 37% di utilizzatori. Social "molto pericoloso - commenta Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza, riferendosi a Snap Chat - perché associa alla possibilità di comunicare anonimamente, quella di far scomparire il messaggio dopo pochi secondi. Il che induce molti adolescenti ad utilizzarlo per inviare foto, anche intime, senza considerare che prima di auto-cancellarsi possono essere salvate dal destinatario e riutilizzate".
A preoccupare, inoltre, è la precocità di utilizzo di tali strumenti. Il 35% degli adolescenti ha infatti avuto lo smartpone ad 11anni, il 22% a 10 anni e oltre il 16% a meno di 10 anni. Quanto ai social, il 33% ha iniziato a 11 anni, il 13% a 10 e il 7,5% a meno di 10. E l'esordio per gli adolescenti che vivono nelle grandi città è ancora più precoce.
Boom adolescenti in rete,poca prudenza e esordi sotto 11anni
Indagine su 2mila tredicenni, 60% non tiene conto dei rischi