Dna e 'microbi': è questa l'eredità dei nostri genitori. Sul microbiota, il corredo di batteri, virus e funghi che popolano il corpo e che superano in numero le stesse cellule, si concentrano numerosi studi recenti. Dall'analisi del microbiota, infatti, è potenzialmente possibile studiare quanto una persona sia esposta a malattie come il diabete, il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Al Centro di Biologia integrata (Cibio) dell'Università di Trento si trovano alcuni dei laboratori più all'avanguardia in questo settore.
"Ogni persona - spiega all'ANSA Nicola Segata, a capo del Laboratorio di Metagenomica computazionale, una lunga esperienza ad Harvard alle spalle - ha un doppio bagaglio di informazioni che porta con sé per tutta la vita. Da una parte il patrimonio genetico che eredita dai genitori. Dall'altra il microbiota. A differenza del genoma - prosegue Segata - la composizione del microbiota dipende da una serie di fattori non ereditari: età, dieta, uso di antibiotici. Analizzare il microbiota di una persona - continua - permette di individuare i microorganismi che caratterizzano il suo corredo e potenzialmente di studiare quanto sia esposta a determinate malattie".
Segata sottolinea che la quasi totalità dei ceppi microbici in persone sane ha funzioni indispensabili, come per esempio coadiuvare la digestione. Ma la presenza di determinate varianti di alcuni microorganismi non patogeni, può aumentare di contrarre alcune malattie.
Tra gli studi di Segata, uno riguarda la "colonizzazione" dei batteri nell'intestino del neonato, a cominciare dai suoi primi istanti di vita. Se, infatti, si dimostrasse che la madre può trasmettere, prima o durante il parto, un particolare microboorganismo che può essere dannoso per la salute futura del bambino, potrebbe essere possibile fare esami sulla madre durante la gravidanza e offrire qualche trattamento preventivo al bambino.
Uno studio pilota condotto dal gruppo di ricerca del Cibio in collaborazione con le unità operative di Ostetricia e Neonatologia dell'Ospedale di Trento nel 2017 ha dimostrato che la trasmissione verticale dei microbi effettivamente avviene almeno per alcune specie batteriche e può essere studiata in modo sistematico.
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