Ottenuti i primi embrioni chimera uomo-scimmia. Sono il risultato della ricerca pubblicata sulla rivista Cell, guidata dall'istituto americano Salk e condotta in collaborazione con la Cina, e nella quale cellule staminali umane sono state trasferite in embrioni di scimmia. Nello numero della rivista, però, un editoriale esprime forti perplessità etiche sull'esperimento. Esprime dubbi anche il genetista Giuseppe Novelli, dell'Università di Roma Tor Vergata.
L'esprimento
Gli embrioni chimera hanno continuato a svilupparsi per 20 giorni. Per i ricercatori questo risultato è l'occasione per comprendere malattie legate allo sviluppo attualmente impossibili da studiare considerando il limite di 14 giorni alla ricerca sugli embrioni umani. Un passo decisivo verso la futura medicina rigenerativa.
Nell'esperimento 25 cellule staminali umane sono state trasferite in embrioni di scimmia giunti al sesto giorno dello sviluppo. Erano cellule umane pluripotenti indotte, ossia cellule adulte fatte regredire nello sviluppo e in grado di integrarsi sia con i tessuti embrionali veri e propri, sia con i tessuti che aiutano l'embrione a svilupparsi. A distanza di un giorno le cellule umane si erano integrate in 132 embrioni e dopo dieci giorni erano 103 gli embrioni che continuavano a svilupparsi. Tuttavia dopo questo periodo gli embrioni hanno cominciato ad avere problemi e il loro numero si è ridotto, al punto che dopo 19 giorni solo tre chimere erano ancora vive. Per tutto questo periodo la percentuale di cellule umane negli embrioni è rimasta alta ed è cresciuta costantemente.
"Poiché non siamo in grado di fare alcuni tipi di esperimenti nell'uomo, è essenziale avere modelli migliori per poter condurre studi più appropriati per comprendere la biologia umana e le malattie", osserva il coordinatore della ricerca Juan Carlos Izpisua Belmonte, del Laboratorio di Scienze biologiche dell'Istituto Salk. Allo studio hanno collaborato Università Cattolica San Antonio de Murcia, University of Texas Southwestern Medical Center e Kunming University of Science and Technology.
I precedenti
Quelle uomo-scimmia non sono le prime chimere ottenute finora: la storia di esperimenti di questo tipo è cominciata fin dagli anni '70, con embrioni di topo e ratto; nuclei di cellule umane sono stati trasferiti in ovociti di scimpanzè nel 1997, ma senza successo, e un cromosoma umano è stato impiantato nel Dna di topi per ottenere animali da laboratorio in grado di produrre anticorpi umani.
L'anno seguente il Dna umano è stato trasferito in ovociti di mucca per ottenere una riserva di staminali.
Nel 2003 è stata la volta del primo embrione ermafrodita, frutto della combinazione di due embrioni di sesso diverso; nello stesso anno è stata la volta di una chimera uomo-coniglio per ottenere staminali e nel 2017 la Gran Bretagna ha autorizzato la produzione di embrioni ottenuti trasferendo Dna umano in ovociti di mucca, privati del loro nucleo.
"Storicamente - osserva Izpisua Belmonte - la generazione di chimere animali-uomo ha portato a risultati poco efficienti per quanto riguarda l'integrazione delle cellule umane nella specie ospite". Sono invece incoraggianti le analisi condotte finora sugli embrioni chimera sopravvissuti e l'obiettivo a lungo termine è utilizzare le chimere non solo per studiare lo sviluppo embrionale umano e l'origine di molte malattie, ma avere nuovi strumenti per sperimentare farmaci e generare cellule e organi per i trapianti.
Quanto alle preoccupazioni etiche, Izpisua Belmonte osserva che "la nostra responsabilità come scienziati condurre la nostra ricerca in modo ponderato, seguendo tutte le linee guida etiche, legali e sociali esistenti".
Le perplessità della comunità scientifica
E' stata accolta fra le perplessità di parte della comunità scientifica, la notizia dei primi embrioni chimera uomo-scimmia, ottenuti trasferendo cellule staminali umane in embrioni di scimmia. A sollevare i dubbi è, per esempio, l'editoriale su Cell, la stessa rivista che ha pubblicato l'articolo. Perplesso anche il genetista Giuseppe Novelli, dell'Università di Roma Tor Vergata.
Henry Greely e Nita A. Farahany, del Centro per la legge e le bioscienze dell'Università di Stanford, pongono almeno cinque domande: la prima riguarda il benessere degli animali e nel caso specifico sulla donazione degli ovociti utilizzati nell'esperimento; la seconda domanda, relativa all'uomo, riguarda la provenienza delle cellule staminali trasferite negli embrioni. In terzo luogo i due esperti osservano che ricerche del genere hanno spesso sollevato preoccupazione da parte dell'opinione pubblica; proprio per questo, aggiungono nel quarto punto, dovrebbero essere affrontate solo dopo un ampio dibattito che coinvolga l'opinione pubblica. Infine bisogna considerare che in futuro ricerche simili potrebbero essere condotte non più solo in provetta, ma anche su embrioni impiantati in animali vivi: "è una possibilità - scrivono i due ricercatori - da considerare fin da adesso".
Anche secondo Novelli "non sono pochi gli interrogativi che questo esperimento solleva: non solo di natura squisitamente tecnica e scientifica (siamo sicuri che questa sia una strada che porta alla formazione di organi funzionanti? Siamo certi che dobbiamo utilizzare embrioni chimera, se è possibile ottenere organoidi da cellule staminali indotte di una sola specie?". Va poi considerato che "introdurre cellule staminali embrionali umane nella blastocisti di un macaco è fortemente vietato da tutte le line guida di bioetica esistenti: le cellule chimeriche embrionali sono potenzialmente in grado di generare embrioni-chimera - e quindi feti - di cui non sappiamo nulla".
Quello annunciato oggi è da considerare, per Novelli, un "balzo in avanti" che "richiede alle istituzioni di ogni Paese di essere vigili e selettive nel sostenere e autorizzare queste ricerche".