La malattia del 'cuore stanco' che fatica a pompare, l'insufficienza cardiaca, può insorgere per effetto di mutazioni genetiche distinte che attivano meccanismi molecolari differenti: lo dimostra lo studio di oltre 800.000 cellule cardiache sane e malate, analizzate una per una da un consorzio internazionale di ricerca guidato dalla Harvard Medical School (Hms) e dal Brigham and Women's Hospital. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, rientra nell'ambito del progetto Human Cell Atlas che mira a mappare ogni tipo di cellula presente nel corpo umano. In futuro potrà aiutare lo sviluppo di terapie sempre più personalizzate ed efficaci per ridurre il numero di pazienti con scompenso cardiaco che necessitano del trapianto di cuore.
"I nostri risultati hanno un enorme potenziale per ripensare il modo in cui trattiamo l'insufficienza cardiaca e sottolineano l'importanza di comprenderne le cause alla radice e le mutazioni che portano a cambiamenti che possono alterare il funzionamento del cuore", afferma la coordinatrice dello studio Christine E. Seidman della Hms.
I ricercatori hanno preso in esame campioni di tessuto cardiaco prelevati da 18 persone sane e 61 pazienti con insufficienza cardiaca. Analizzando le molecole di Rna prodotte dai geni accesi in ogni singola cellula, è emerso che i cuori malati presentano un numero ridotto di cardiomiociti (le cellule del muscolo cardiaco vero e proprio), mentre aumentano le cellule del sistema immunitario e quelle endoteliali che costituiscono i vasi sanguigni. Al contrario, le cellule di tessuto connettivo (fibroblasti) non sono aumentate, ma hanno un'attività esagerata e producono troppa matrice extracellulare (soprattutto nei pazienti con il gene RBM20 mutato). La grande mole di dati prodotta dalle analisi è stata poi elaborata con l'aiuto dell'intelligenza artificiale, dimostrando che mutazioni genetiche diverse portano alla malattia attivando percorsi molecolari differenti, talvolta convergenti.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it