Dal mammut alla tigre della Tasmania, è in costante aumento il numero delle specie estinte che gruppi di ricerca e aziende intendono riportare in vita. L’ultima arrivata è la start-up americana Colossal Bioscience, che per i suoi progetti ha raccolto 75 milioni di dollari da vari investitori, compresa Paris Hilton, e fondata dal genetista George Church, una carriera vissuta fra istituti prestigiosi come l’Università di Harvard e il Massachusetts Institute of Technology (Mit).
Riportare in vita specie scomparse non ha niente a che vedere con uno scenario alla Jurassic Park, dicono i ricercatori: l’obiettivo è ridare vita a specie scomparse per ristabilire un equilibrio nella biodiversità.
Estinta nel 1930,la tigre della Tasmania (o tilacino), è una delle specie scomparse per le quali la start-up americana si prepara a sperimentare quella che chiama ‘de-estinzione’ utilizzando la tecnica del taglia-incolla genetico, la Crispr.
Il primo obiettivo dell'azienda è però riportare in vita il mammut, sulla scia di tanti altri progetti simili ispirati alla fine degli anni ’90 dalla nascita della pecora Dolly.
La scarsa disponibilità del materiale genetico è stata però un ostacolo non da poco allora. E' del 2021 l’annuncio di Church di voler riportare in vita il mammut lanoso, scomparso 4.000 anni fa. Non si tratta di clonazione, aveva detto, ma di utilizzare l’ingegneria genetica per ottenere nell’arco di quattro-sei anni, un ibrido di elefante-mammut identico al suo predecessore estinto. Non sono mancate le perplessità nel mondo scientifico: “mon si ottiene un mammut, ma un elefante peloso con depositi di grasso", avevano obiettato esperti di Paleogenetica.
Si basa sulla Crispr anche il progetto di un’altra azienda americana, la Revive & Restore, che intende riportare in vita il piccione migratore, il cui ultimo esemplare è morto nel 1914.
Diversa la strada che punta a salvare gli animali a rischio di estinzione basata sul trapianto di cellule progenitrici degli spermatozoi e Crisp. Che sia promettente lo hanno dimostrato i test condotti fin dal 2020 nell’Università di Washington su topi, maiali, ovini e bovini, dai quali emerge che il trapianto di cellule attecchisce e porta allo sviluppo di spermatozoi.
Continua invece a puntare sulla clonazione la via seguita dalla giapponese Kindai University, che nel 2019 ha riportato in vita le cellule del mammut Yuka, vissuto 28.000 anni fa in Siberia e scoperto nel 2010. Isolate da midollo osseo e muscoli dell'animale e trasferite nell'ovocita di un topo, strutture cellulari simili al nucleo sono tornate a essere attive.
Ancora diversa la strada per scongiurare l’estinzione del rinoceronte bianco settentrionale, di cui sopravvivono solo due femmine: i primi embrioni sono stati ottenuti nel 2018 da un esperimento condotto dal laboratorio italiano Avantea e basato sulla tecnica di fecondazione che consiste nell'iniettare gli spermatozoi direttamente nella cellula uovo, la cosiddetta iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (Icsi).
Sempre in Italia, infine, dal 2016 si lavora per riportare in vita l'Uro, l’antenato dei tori e di tutti i bovini moderni che si è estinto quattro secoli fa. Il progetto si chiama Tauros e si basa sulla combinazione di più tecniche, come incroci genetici 'a ritroso', clonazione e ingegneria genetica basata sulla Crispr.