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Cellule malate come bibliotecari disordinati, scambiano i 'libri' del Dna

La scoperta apre a nuovi trattamenti per ristabilirne il funzionamento

Le cellule malate sono come bibliotecari molto disordinati: cambiano la disposizione dei ‘libri’ che formano il Dna presente nel nucleo e non riescono più a ritrovare le informazioni corrette nel giusto ordine (free via unsplash)

Redazione Ansa

Le cellule malate sono come bibliotecari molto disordinati: cambiano la disposizione dei ‘libri’ che formano il Dna presente nel nucleo e non riescono più a ritrovare le informazioni corrette nel giusto ordine. Il risultato è che la cellula non riesce a funzionare nel modo corretto. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori guidati dall’Università statunitense della Pennsylvania, che ha pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista Nature Biomedical Engineering. La scoperta apre la porta a nuove tipologie di trattamenti basati su piccole molecole, che svolgerebbero quindi la funzione di ‘bibliotecari’ per riportare ordine all’interno del Dna.
I ricercatori guidati da Su Chin Heo, utilizzando le tecniche più avanzate per ottenere immagini ad altissima risoluzione, hanno osservato i nuclei di cellule all’interno di tessuto connettivo (uno dei quattro tipi fondamentali di tessuto che compongono l’organismo e il più abbondante) deteriorato a causa della tendinosi, una patologia che causa la degenerazione dei tendini. I cambiamenti chimici e meccanici, che avvengono nell’ambiente intorno alle cellule a causa della malattia, hanno indotto le cellule stesse a riorganizzare scorrettamente il loro genoma. Anche quando i ricercatori hanno cambiato l’ambiente con quello normale, le cellule sembravano aver perduto la capacità di riportare il Dna nel suo stato corretto, e quindi il loro funzionamento continuava ad essere alterato.
Gli autori dello studio sono ora al lavoro per cercare di capire se lo stesso meccanismo è in atto nelle cellule della cartilagine e dei menischi (le strutture presenti in alcune articolazioni) e nel processo dell’invecchiamento. “Una volta che avremo compreso gli specifici processi cellulari che chiudono la porta della biblioteca, potremo usare farmaci come piccole chiavi”, dice Robert Mauck, co-autore dello studio, “per cercare di impedire che accada o invertire il processo”.
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