Dai fiori di luppolo usati per aromatizzare la birra si possono estrarre molecole in grado di inibire l’aggregazione della proteina beta amiloide associata all’Alzheimer. Lo dimostrano i test di laboratorio condotti dall’Università di Milano-Bicocca con l'Università Statale di Milano e l'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Lo studio, pubblicato sulla rivista ACS Chemical Neuroscience, potrebbe aprire la strada a nuovi nutraceutici contro la neurodegenerazione.
I fiori di luppolo erano già finiti sotto la lente per la loro capacità di interferire con l'accumulo di proteina beta amiloide: i ricercatori italiani hanno deciso quindi di indagare ulteriormente per capire quali composti chimici danno al luppolo questo potere. Per identificarli, hanno prodotto e caratterizzato gli estratti di quattro varietà comuni di luppolo, utilizzando un metodo simile a quello impiegato nel processo di produzione della birra.
I test in provetta hanno dimostrato che gli estratti hanno proprietà antiossidanti e possono impedire alla beta amiloide di aggregarsi nelle cellule nervose umane. L'estratto più efficace è quello ottenuto dal luppolo Tettnang, che si trova in molti tipi di Lager e birre leggere. Quando l'estratto è stato separato in frazioni, quella contenente un alto livello di polifenoli ha mostrato la più potente attività antibiotica e di inibizione dell'aggregazione; inoltre ha promosso processi che consentono all'organismo di eliminare le proteine neurotossiche ripiegate male. Infine, l'estratto di Tettnang testato sui vermi C. elegans (tra i modelli animali più usati nei laboratori di biologia) si è dimostrato in grado di prevenire la paralisi correlata all'Alzheimer (sebbene l'effetto non sia molto pronunciato).
I ricercatori concludono che, sebbene questo lavoro non giustifichi il consumo di birre più amare, mostra che i composti del luppolo potrebbero servire come base per nutraceutici contro l'Alzheimer.
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