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Almeno 30 anni perché la fusione nucleare diventi realtà

Atzeni: 'tante sfide tecnologiche ancora da superare'

Redazione Ansa

  Esperto,  MILANO (ANSA) - MILANO, 13 DIC - Ci vorrà almeno una trentina d'anni affinché la fusione nucleare passi dall'essere una tecnologia sperimentale a una realtà, con reattori in grado di alimentare le nostre città a emissioni zero: tante le sfide tecnologiche che devono ancora essere superate, sia per la fusione a contenimento inerziale con i laser (quella che ha portato al risultato ottenuto al Lawrence Livermore National Laboratory negli Usa) sia per la fusione a confinamento magnetico (la tecnica del reattore Iter in costruzione nel sud della Francia). Lo spiega l'esperto di fusione nucleare Stefano Atzeni, dell'Università La Sapienza di Roma. "Fare previsioni è davvero difficile, perché siamo appena alla soglia della dimostrazione che fisicamente lo schema inerziale funziona, mentre per quello magnetico la prova l'avremo da Iter fra una quindicina di anni", afferma Atzeni. "I tempi saranno sicuramente molto lunghi, almeno una trentina di anni per entrambe le vie, perché restano ancora diverse sfide da superare". Nel caso del confinamento inerziale serviranno laser più efficienti che possano fare non uno sparo al giorno ma tre o quattro al secondo, con energie di 100-150 megajoule ciascuno contro i 2,5 dell'attuale. Nel caso del confinamento magnetico "bisognerà sviluppare magneti superconduttori sempre più affidabili nel lungo periodo e lavorare sull'estrema complessità del tokamak, la 'caldaia nucleare' a forma di ciambella", aggiunge l'esperto.

'FUSIONE NUCLEARE DA LASER, L'EUROPA DISSE NO'
Il risultato sulla fusione nucleare ottenuto dagli Stati Uniti è arrivato seguendo una via diversa da quella privilegiata dall'Europa, sostenuta negli anni '90 da alcuni fisici italiani ma con scarso successo. La National Ignition Facility americana ha ottenuto un grande risultato, come nel febbraio scorso lo aveva ottenuto il pioniere dei reattori sperimentali a fusione in Europa, Jet, ma entrambi hanno ancora una lunga strada da fare prima che l'energia pulita che imita il Sole possa essere prodotta su larga scala. Ne è convinto l'esperto di fusione nucleare Stefano Atzeni, docente di Fisica dell'Università La Sapienza di Roma. "Quello fatto la settimana scorsa negli Stati Uniti è un esperimento di fusione controllata diverso da quelli a confinamento magnetico e che utilizzano grandi laser", osserva Atzeni. La tecnologia si chiama fusione a contenimento inerziale e "sfrutta potenti laser che fanno convergere più fasci simultaneamente su piccolo bersaglio, riscaldandolo e comprimendolo, fino a ottenere la reazione di fusione". È molto diversa dalla fusione a confinamento inerziale, nella quale grandi magneti superconduttori controllano il plasma all'interno di strutture toroidali. Il risultato americano "è stato ottenuto la settimana scorsa e ha generato circa 25 megajoule di energia utilizzando un impulso laser di poco più di 20 megajoule.

Dal punto di vista della fisica è un risultato importante perché - osserva - per la prima volta è stata ottenuta più energia di quella spesa per ottenere la reazione". È una tecnologia meno complessa rispetto a quella dei grandi reattori a confinamento magnetico: "L'apparato sperimentale è un recipiente sferico dal diametro di circa dieci metri nel quale sono convogliati i fasci laser che punto al centro, dove si trova il bersaglio", ossia "una microfera da circa un millimetro di diametro con un guscio al cui interno si trovano deuterio e trizio alla temperatura di meno 250 gradi". Quando i laser bombardano la sferetta, il guscio viene distrutto e genera il plasma che, comprimendo i due elementi innesca la reazione di fusione, mentre la temperatura sale a oltre 60 milioni di gradi. "L'interesse della tecnologia laser per la fusione è nato non molto tempo dopo l'invenzione del laser, che risale al 1960. Le possibili applicazioni alla fusione sono state studiate teoricamente e poi indagate con strumenti modersti. Alcuni Paesi, come Stati Uniti, Francia e Cina hanno proseguito lungo questa strada; altri, come Unione Europea, Italia e Germania hanno seguito la via del confinamento magnetico", dice ancora Atzeni, La decisione di Unione Europea e Italia" risale alla metà degli anni '70, tuttavia - prosegue - la scuola italiana di fisica ha dato contributi importanti. A metà degli anni '90, per esempio, alcuni fisici italiani, come Carlo Rubbia e Nicola Cabibbo, avevano esercitato pressioni perché in Italia e Europa ci si occupasse di più di fusione con il laser". Certamente, rileva, "è economicamente difficile produrre energia da fusione" e la strada è ancora lunga sia per il confinamento magnetico sia per quello inerziale". Per quest'ultimo, per esempio, "bisogna ancora lavorare sulla quantità di energia rilasciata da ciascun fascio laser, sul rendimento e sulla frequenza".

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