Rubriche

Trovati i microrganismi responsabili delle rughe

Aprono alle creme del futuro

Trovati i microrganismi responsabili delle rughe (fonte: sdominick, iStock)

Redazione Ansa

Alcuni microbi che abitano normalmente sulla nostra pelle potrebbero essere i responsabili delle tanto detestate rughe a zampe di gallina: risultano infatti associati ad alcuni segni di invecchiamento della pelle che non sono correlati semplicemente all'età cronologica. La frontiersin.org/articles/10.3389/fragi.2023.1304705/full">scoperta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging, effettuato dall'Università della California a San Diego in collaborazione con l'azienda francese L'Oréal. Secondo gli autori, si tratta della prima ricerca a isolare componenti specifiche del microbioma cutaneo, cioè l'insieme di microrganismi che popolano la pelle, legate alla sua salute e aprono quindi la strada alle creme del futuro.

"Studi precedenti hanno dimostrato che i tipi di microbi sulla nostra pelle cambiano con l'età", spiega Se Jin Song dell'Università della California, che ha coordinato lo studio. "Anche la pelle cambia fisiologicamente con l'età: ad esempio si formano le rughe e la pelle diventa più secca. Ma questi cambiamenti non avvengono per tutti allo stesso modo: alcuni mostrano una pelle più vecchia o più giovane rispetto ad altre persone della stessa età. Utilizzando metodi statistici avanzati - prosegue la ricercatrice - siamo stati in grado di distinguere i microbi associati a questi tipi di segni dell'invecchiamento della pelle da quelli associati semplicemente all'età cronologica".

I risultati, basati sull'analisi di 13 studi effettuati in passato da L'Oréal, mostrano infatti un legame tra la tipologia di microbioma e le rughe a zampe di gallina, mentre non risulta un'associazione tra i microrganismi presenti ed il livello di idratazione della pelle. "Questa ricerca segna un passo avanti significativo verso lo sviluppo di tecnologie per una pelle più sana e giovane", afferma Qian Zheng, responsabile della ricerca presso la sede americana di L'Oréal e co-autore dello studio. "Non vediamo l'ora di contribuire allo sviluppo di nuove soluzioni per la cura della pelle".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it