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I tumori sfruttano un meccanismo attivo anche nei neonati

Crescono grazie a cellule immunitarie che catturano il ferro

Il tessuto del fegato visto al microscopio, in blu un macrofago pieno di ferro (fonte: Claudio Tripodo)

Redazione Ansa

Per crescere i tumori sfruttano un meccanismo che è attivo anche nei neonati, coinvolto in particolare nello sviluppo del sistema immunitario durante i primi mesi di vita: le cellule tumorali si alleano, infatti, con un tipo di cellule immunitarie, le cellule Treg, che aiutano il cancro a proliferare catturando il ferro in circolazione nell’organismo. La scoperta, jci.org/articles/view/167967">pubblicata sulla rivista JCl Insight, si deve allo studio guidato dall’Università Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Università di Palermo, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma, l’Università Tor Vergata di Roma, l’Università di Trieste e l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma.

I ricercatori coordinati da Silvia Piconese hanno scoperto che il tumore utilizza a proprio vantaggio un meccanismo fisiologico che si verifica nei neonati, e la ragione sta nel fatto che sia le Treg neonatali sia quelle tumorali espongono sulla propria superficie il recettore per la transferrina, la principale proteina di trasporto del ferro nel sangue.

“All’inizio questa osservazione ci aveva scoraggiato, perché il meccanismo che avevamo identificato non è specifico del tumore”, racconta Piconese. “In seguito, però, abbiamo capito che l’osservazione era comunque importante, perché voleva dire che il tumore usa a proprio vantaggio un meccanismo che è necessario alla nostra vita. La biologia, e l’immunologia in particolare, ci insegnano proprio questo: che nessuna cellula è di per sé cattiva”.

Gli autori dello studio hanno inoltre dimostrato che le Treg dipendono dalla disponibilità di ferro, e che la loro presenza sottrae questo elemento al microbiota intestinale, favorendo la crescita di batteri dannosi. “Questo implica che potrebbe essere possibile influenzare le funzioni di queste cellule – aggiunge Ilenia Pacella, prima autrice dell’articolo – modificando i livelli di ferro per esempio con la dieta o con farmaci specifici”.

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