Salvare i nuraghi dalla pioggia e dal gelo, principali nemici di questo monumenti archeologici della Sardegna che risalgono a quasi quattromila anni fa. Il pericolo sono anche gli sbalzi di temperatura: l'acqua, congelando, si espande e provoca rotture nella struttura della pietra. Ma anche i sali, quando evapora l'acqua, creano pressioni pericolose. E' quanto emerge da un modello matematico messo a punto da Marta Cappai e Giorgio Pia dell'Università di Cagliari e da Ulrico Sanna, professore ordinario in pensione.
I rischi ma anche un possibile rimedio a questi danni sono stati illustrati in uno studio di ricercato sardi pubblicato sulla rivista internazionale Case Studies in Construction Materials. E' stato, infatti, creato un modello "fuzzy" (procedura che sfrutta delle variabili non semplicemente come numeri ma con decisioni che si sovrappongono senza classificazioni rigide) per monitorare e proteggere i nuraghi o i siti archeologici dal degrado legato al tempo meteorologico. Il test è stato realizzato nel sito di Genna Maria, a Villanovaforru, a una sessantina di chilometri da Cagliari.
"Grazie all'interazione - dicono gli autori della scoperta - tra diverse variabili (proprietà dei materiali in opera e condizioni ambientali: temperatura, umidità relativa, radiazione solare, velocità e direzione del vento, ecc.), siamo riusciti a stimare i periodi in cui la struttura è più esposta al degrado.
I mesi di maggiore vulnerabilità sono risultati essere gennaio, febbraio e dicembre. Abbiamo confrontato le previsioni del modello con i fenomeni osservati sul posto e con i risultati dei test di invecchiamento accelerato in laboratorio, confermando l'affidabilità del modello". Ma il sistema "salva nuraghi" può essere applicato dappertutto, magari anche sui giganti di Mont'e Prama, o su altri siti archeologici. In futuro la gestione dei dati potrebbe essere affidata all'intelligenza artificiale.
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