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Scoperto un meccanismo chiave per rallentare l'Alzheimer

E' basato sulle cellule immunitarie del cervello

Cellule nervose colpite dall'infiammazione nella malattia di Alzheimer (fonte: National Institute on Aging, NIH CC BY-NC 2.0)

Redazione Ansa

Rallentare, o addirittura fermare, la progressione dell'Alzheimer: è questa la possibilità aperta dalla scoperta di un meccanismo chiave della malattia, che vede come protagoniste le cellule immunitarie del cervello, la cosiddetta microglia. Ricercatori guidati dal Graduate Center della City University di New York hanno scoperto nei topi il doppio ruolo di queste 'guardiane' del sistema nervoso centrale, che in caso di stress possono produrre sostanze tossiche che, invece di combattere la malattia, danneggiano le cellule peggiorando la neurodegenerazione. Il risultato è pubblicato sulla rivista Neuron, il gruppo coordinato da Pinar Ayata ha effettuato i primi test su topi: i risultati mostrano che bloccare questo meccanismo di risposta allo stress, o impedire la produzione delle sostanze tossiche, porta ad un miglioramento dei sintomi.

Le cellule della microglia costituiscono la prima e principale difesa del sistema nervoso centrale, muovendosi costantemente alla ricerca di potenziali minacce. Ma, analizzando campioni di tessuto cerebrale di persone affette da Alzheimer, prelevati post-mortem, gli autori dello studio hanno scoperto che non tutte svolgono un ruolo protettivo: alcune cellule risultano nocive, producendo in caso di stress piccole molecole tossiche costituite da grassi che danneggiano alcune cellule fondamentali del cervello. Questa tipologia 'cattiva' di microglia è stata rilevata in livelli doppi nelle persone malate rispetto a individui sani della stessa età.

I ricercatori hanno poi studiato il meccanismo nei topi, provando a fermarne l'attivazione o bloccando la sintesi della molecola tossica: entrambe le strategie si sono dimostrate promettenti, proteggendo i neuroni e impedendo l'accumulo della proteina tau nel cervello, la firma dell'Alzheimer.

"Questi risultati rivelano un legame cruciale tra stress cellulare ed effetti tossici della microglia in modelli della malattia di Alzheimer", dice Anna Flury, prima firmataria dello studio insieme a Leen Aljayousi. "Colpire questo meccanismo - continua Flury - potrebbe portare a nuovi trattamenti farmacologici".

La ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dell'Alzheimer ed evidenzia l'importanza della microglia nel mantenimento della buona salute del cervello. "I trattamenti potrebbero rallentare in maniera significativa, o persino fermare, la progressione della patologia - aggiunge Aljayousi - dando speranza a milioni di pazienti e alle loro famiglie".

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