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Fusione nucleare, ora l'AI di Google sa controllare il plasma

Si aprono nuovi scenari per l'energia pulita del futuro

Il plasma nel tokamak dello Swiss Plasma Center (fonte: Curdin Wuthrich /SPC/EPFL)

Redazione Ansa

L'intelligenza artificiale di Google ha imparato a controllare il plasma dentro a un reattore per la fusione nucleare, ovvero il gas caldissimo e rarefatto di ioni ed elettroni che viene confinato mediante un campo magnetico all'interno del recipiente a ciambella chiamato tokamak. Il risultato, che apre nuovi scenari per lo sfruttamento di questa futura fonte di energia pulita, è pubblicato su Nature dal Politecnico federale di Losanna (Epfl) in collaborazione con l'azienda britannica DeepMind di Google.

Una delle maggiori difficoltà nella realizzazione della fusione nucleare è la necessità di confinare il plasma nel tokamak evitando che venga a contatto con le sue pareti e si deteriori. Per prevenire questo inconveniente, i ricercatori dello Swiss Plasma Center dell'Epfl (uno dei pochi centri al mondo ad avere un tokamak in funzione) sono soliti sperimentare le configurazioni dei sistemi di controllo su un simulatore, sviluppato in oltre 20 anni di ricerche e aggiornato continuamente.

"Nonostante ciò - spiega Federico Felici, ricercatore dell'Spc e co-autore dello studio - servono ancora calcoli molto lunghi per determinare il giusto valore di ogni variabile del sistema di controllo. E' qui che è entrato in gioco il nostro progetto di ricerca congiunto con DeepMind". Insieme agli esperti di Google, i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo in grado di controllare le bobine magnetiche per produrre e mantenere una varietà di configurazioni del plasma. Il sistema è stato anche sperimentato direttamente sul tokamak dell'Spc per valutare le sue performance nel mondo reale.

L'algoritmo ha controllato i campi magnetici in modo da creare non solo forme di plasma convenzionali (allungate), ma anche quelle che assomigliano a triangoli e quelle a fiocco di neve. È anche stato capace di mantenere simultaneamente due plasmi separati in sospensione. Secondo gli autori dello studio, questo nuovo approccio potrà contribuire a migliorare la progettazione e la gestione dei futuri reattori a fusione, massimizzandone le prestazioni.

 

 

 

 

 

 

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