E’ stato realizzato il primo processore quantistico con decine di qubit logici, 48: un momento di svolta per il settore che avvicina concretamente l’arrivo a breve di chip a migliaia di qubit, la versione quantum dei bit, capaci di risolvere problemi finora ritenuti impossibili. A raggiungere questo importante successo è stato il lavoro coordinato da Mikhail Lukin, dell’Università di Harvard, con la partecipazione anche dell’italiana Giulia Semeghini, pubblicato sulla rivista Nature.
“E’ un articolo che ha fatto molto rumore nel nostro settore perché è un vero e proprio game-changer”, ha detto all’ANSA Simone Montangero, co-leader dello Spoke 10 dedicato al Quantum computing di Icsc – Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing e direttore del Centro di Calcolo e Simulazioni Quantistiche dell’Università di Padova. “Se fino a pochi giorni fa poteva essere lecito avere dubbi sulla reale possibilità di arrivare ad avere computer quantistici capaci di risolvere problemi applicativi realmente difficili – ha aggiunto Montangero – ora quei dubbi non ci sono più. L’arrivo di quei computer potrebbe arrivare anche prima del previsto, ben prima dei 5 o 10 anni ipotizzati finora dai più ottimisti nel campo”. Il punto di svolta è nella realizzazione del primo processore quantistico che utilizza decine di qubit logici, ossia una serie di qubit gemelli che permettono di ridurre quasi completamente gli errori.
“Gli errori ossia un’alterazione dovuta a fenomeni esterni, sono la norma anche nei computer tradizionali – ha spiegato Montangero – e uno dei modi per eliminare gli errori è avere più bit identici, in questo caso qubit, in modo tale da poterli riconoscere e correggere i dati sbagliati”. Ogni qubit logico è dunque un insieme di più qubit ‘tradizionali’: il processore realizzato da Lukin, in collaborazione anche con ricercatori dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts e dell’azienda QuEra Computing, lavora con 48 qubit logici, che equivalgono a circa 280 qubit fisici. Un grande avanzamento rispetto ai chip con 2 o massimo 3 qubit logici fatti finora. Un risultato ottenuto dopo circa 10 anni di lavoro e basato sulla tecnologia detta ad atomi neutri, detti anche atomi di Rydberg dal nome dello scienziato che ne studiò le caratteristiche, ossia una soluzione diversa dai superconduttori su cui stanno invece puntando alcune grandi aziende americane come Google e Ibm.
“Il traguardo raggiunto cambia le prospettive future – ha concluso Montangero – ora diventa davvero possibile pensare di arrivare in poco tempo a processori a 10mila qubit con concrete applicazioni industriali e di ricerca scientifica. Ovviamente però non bisogna credere che tutto sia stato risolto e non ci siano altri problemi da risolvere, di lavoro da fare ce n’è comunque tanto”.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it