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In Europa serve un Cern dell'intelligenza artificiale

Rapporto Aspen Institute-Intesa San Paolo, cruciale l'educazione

Il rapporto sull'Intelligenza artificiale di Aspen Institute Italia e Intesa San Paolo (fonte: Aspen Institute Italia-Intesa San Paolo)

Redazione Ansa

Mettere da parte le paure e saper cogliere le opportunità offerte dall'intelligenza artificiale: è quanto l'Italia e l'Europa devono fare per non restare indietro nella rapidissima e radicale rivoluzione tecnologica in corso: per questo bisogna unire le forze e le competenze in un centro di ricerca europeo sull'intelligenza artificiale con un'organizzazione simile a quella del Cern per la fisica delle particelle. Lo propone aspeninstitute.it/rapporto_ia2024/">il rapporto sull'IA di Aspen Institute Italia e Intesa San Paolo, presentato alla Camera.

"Negli ultimi anni l'IA ha fatto passi da gigante e ha rivoluzionato il modo in cui interagiamo con le macchine e questo ha importanti riflessi su formazione ed educazione", ha osservato il segretario generale dell'istituto Aspen, Angelo Maria Petroni. "L'Italia è un Paese ricco di talenti e competenze, ma vanno colmate delle lacune. L'intelligenza artificiale offre l'opportunità di trasformare il nostro mondo in un modo prima impensabile, ma per riuscire in questo servono un impegno congiunto e un dialogo costruttivo".

Per questo, si legge nel rapporto, "sarebbe auspicabile la creazione di un centro di ricerca dedicato all'IA in Europa, simile al Cern per la fisica. Questo centro potrebbe concentrarsi sulla ricerca avanzata, sullo sviluppo di standard etici e tecnologici e sulla formazione di talenti nel campo dell'IA; potrebbe anche concentrare gli investimenti di ricerca secondo linee condivise". Ispirarsi al modello del Cern indica inoltre l'importanza di dare "una sede fisica alle eccellenze europee nell'ambito della ricerca e dell'imprenditoria, e sarebbe il punto di riferimento per una via europea all'intelligenza artificiale".

Per la giurista Giusella Finocchiaro dell'Università di Bologna, "l'IA genera paure, ma anche tante opportunità". D'altro canto, ha aggiunto, è già utilizzata dal 58% delle imprese italiane". Quello che manca è la costruzione di una consapevolezza. Quest'ultima è indispensabile anche per governarne gli sviluppi, ha osservato Jacques Moscianese di Intesa Sanpaolo.

E' importante, per esempio, capire che l'IA "non è intelligente perché viene addestrata con una grande quantità di dati e non sa farsi domande e non è nemmeno artificiale perché è il frutto di un grande lavoro umano", ha osservato Monica Poggio, amministratrice delegata di Bayer Italia. "La grande sfida per le aziende e per i cittadini è capire l'intelligenza artificiale" e soprattutto "dovremmo imparare a fare domande alle macchine". Dicerto l'IA è "un acceleratore che richiede una formazione specifica e una capacità critica", ha detto Marco Ditta di Intesa Sanpaolo.

Se affrontare la rivoluzione di questa tecnologia è una sfida per l'Europa, lo è ancora di più per l'Italia "che è un Paese che invecchia rapidamente e dove è necessario accelerare la qualità dei servizi", ha detto l'economista Patrizio Bianchi, emerito dell'Università di Ferrara. In questa situazione è cruciale "permettere a tutti di accedere agli strumenti" offerti dall'IA: "non dobbiamo educare un numero ristretto di tecnici, ma dotare tutto il Paese di capacità critica". Serve anche un "salto straordinario di produttività", per esempio rendendo l'Italia più attrattiva per giovani tecnici e ricercatori. "Siamo di fronte ad un grande passaggio nel quale ci sono scelte profonde da fare" ed è per questo, ha concluso, che "bisogna investire nelle persone, nella ricerca e nell'educazione ".

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