I gatti domestici, che abbiano o meno una casa, possono essere un flagello per molti animali a rischio di estinzione: se sono liberi di girovagare, sono in grado di catturare e mangiare più di 2.000 specie diverse, di cui circa 350 minacciate. Lo ha stabilito uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e guidato dall’Università americana di Auburn: la scoperta migliora la comprensione dell’impatto che i gatti hanno sugli ecosistemi e potrebbe anche contribuire allo sviluppo di nuove soluzioni che permettano di gestire o limitare il problema.
Fin dalla loro domesticazione avvenuta oltre 9.000 anni fa, i gatti domestici si sono diffusi in tutto il mondo e si trovano ora in tutti i continenti, eccetto l’Antartide. Sono noti per essere predatori generalisti con notevoli impatti ecologici, ma la reale estensione e varietà della loro dieta non era mai stata quantificata su scala globale. Si sono dunque cimentati nell’impresa i ricercatori guidati da Christopher Lepczyk, che hanno compilato un database di dati sulle specie consumate da questi felini, dotati di un padrone o no.
I risultati mostrano che sono esattamente 2.083 le specie vittime dei gatti domestici, di cui 981 uccelli, 463 rettili, 431 mammiferi, 119 insetti e 57 anfibi, nonché 33 specie appartenenti ad altri gruppi animali. Almeno 347 di queste vedono in qualche modo minacciata la loro conservazione, a livello più o meno grave, e alcune sono ritenute addirittura estine in natura: ne sono un esempio il quoll occidentale, noto anche come gatto marsupiale di Geoffroy, originario dell’Australia, la tartaruga marina verde, la cosiddetta berta di Newell, un uccello marino, e lo scricciolo di Stephens Island, un piccolo passeriforme praticamente estinto.
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