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Machu Picchu era un mosaico di Dna, presente anche l’Amazzonia

Antiche sepolture gettano luce sulla città reale dell’impero Inca

L’affascinante Machu Picchu, città reale perduta dell’impero Inca, nell'attuale Perù (free via pixabay)

Redazione Ansa

L’affascinante Machu Picchu, città reale perduta dell’impero Inca, era un vero e proprio mosaico di Dna: i suoi lavoratori arrivavano da ogni parte dell’impero, che comprendeva la maggior parte dei territori occidentali del Sud America, e alcuni erano giunti fin lì addirittura dalla lontana Amazzonia. Lo ha svelato uno studio guidato dall’americana Tulane University e doi.org/10.1126/sciadv.adg3377">pubblicato sulla rivista Science Advances, che ha analizzato il Dna estratto da antiche sepolture di oltre 500 anni fa, per capire da dove provenivano le classi sociali inferiori: lavoratori, operai e servitori che vivevano nella città a fianco di reali e classi d’élite.
I ricercatori guidati da Jason Nesbitt hanno confrontato il Dna proveniente da 34 sepolture rinvenute a Machu Picchu con quello di altri individui provenienti da altre zone dell’impero Inca, così come con Dna moderni di abitanti attuali del Sud America. I risultati mostrano che nella città lavoravano persone originarie di zone anche molto distanti, come la foresta amazzonica. Inoltre, pochissimi di loro risultano in qualche modo imparentati: ciò dimostra che erano stati portati a Machu Picchu da soli, e non insieme ad un gruppo o ad una famiglia.
“Naturalmente la genetica non corrisponde necessariamente all’etnia, ma i dati dimostrano che questi individui erano originari di parti diverse dell’impero degli Inca”, commenta Nesbitt. “Lo studio rafforza quindi altre ricerche che sono state effettuate a Machu Picchu e in altri siti”. Inoltre, l’analisi del Dna fornisce ulteriore supporto anche alla documentazione storica e alle analisi archeologiche condotte su reperti rinvenuti all’interno delle sepolture.
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