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Nuove identità per 6 antichi scheletri dell'antica Tarquinia

Forse stati scelti per partecipare a un rituale

Gli scheletri sono sepolti nel centro abitato dell’antica Tarquinia anziché nella necropoli (fonte: Università degli Studi di Milano)

Redazione Ansa

Hanno trovato nuove identità 6 dei 20 scheletri risalenti al XI-VII secolo a.C. trovati sepolti in circostanze molto particolari nel centro abitato dell’antica Tarquinia anziché nella necropoli: sono stati inumati e non cremati come era prassi, presentano segni di violenza e almeno uno proviene da molto lontano, addirittura dalle zone baltiche.

Tutti questi elementi fanno pensare che questi individui siano stati scelti per partecipare a qualche rituale e rivestano quindi un significato particolare, come afferma lo studio internazionale guidato dall’Università di Milano e pubblicato sulla rivista Scientific Reports, al quale hanno collaborato anche Università Sapienza di Roma e Università di Bologna.

Per fare luce su queste sepolture così anomale, i ricercatori guidati da Giovanna Bagnasco hanno utilizzato un’inedita combinazione di metodi statistici, umanistici, archeologici e naturalistici. Molte sorprese sono arrivate dallo studio dettagliato delle ossa effettuato al Labanof, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Ateneo milanese diretto da Cristina Cattaneo (co-autrice dello studio), che ha rivelato lo stato di salute e la presenza di segni di violenza, ma anche dalle analisi sul Dna antico, preservatosi in ben 5 casi su 6, che hanno rilevato la presenza di un individuo femminile proveniente dalle zone baltiche.

I risultati permettono di confermare che questi individui sono stati trattati in modo speciale, non solo per le pratiche di sepoltura, ma anche per motivi biologici: sembrano essere stati visibilmente diversi dal resto della comunità, se non altro per quanto riguarda le circostanze di vita e di morte. “L’eccezionalità di queste sepolture contribuisce a qualificarli come individui selezionati ai fini dello svolgimento di rituali - afferma Bagnasco - volti a consolidare il senso di appartenenza della comunità”.

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