Uno stile di nuoto a metà strada fra l'anguilla e il tonno caratterizzava i besanosauri, grandi rettili marini preistorici vissuti 240 milioni di anni fa e appartenenti al gruppo degli ittiosauri (non imparentati coi dinosauri): questa abilità li rendeva capaci di repentini cambi di direzione, fondamentali per poter catturare piccole prede velocissime. Lo dimostrano gli scheletri di tre esemplari conservati all'Università di Zurigo e quello del più antico e famoso ittiosauro italiano, scoperto a Besano (Varese) nel 1993 e conservato al Museo di Storia Naturale di Milano.
I risultati dello studio sono pubblicati su Swiss Journal of Paleontology da un team di esperti italiani, svizzeri, fiamminghi e polacchi. Tra gli autori anche Cristiano Dal Sasso, il paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano che nel 1996 ha dato il nome all'ittiosauro italiano Besanosaurus leptorhynchus, e Gabriele Bindellini, che ha svolto un dottorato all'Università Statale di Milano coordinato da Marco Balini.
Anche grazie alla Tac messa a disposizione dalla Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, i paleontologi sono riusciti a ricostruire in 3D lo scheletro del besanosauro italiano e lo hanno confrontato con quelli degli esemplari svizzeri. Si è così scoperto che la colonna vertebrale formata da più di 200 vertebre rendeva il loro corpo molto allungato, quasi anguilliforme. Anche le pinne erano lunghissime, ma quello che rendeva i besanosauri davvero unici era la loro struttura interna: le pinne anteriori, più lunghe, erano formate da ossa arrotondate distanziate da abbondante tessuto cartilagineo, come nelle orche e in altri cetacei; le pinne posteriori, invece, erano formate da quattro dita ravvicinate tra loro a formare palette più rigide, che funzionavano come timoni.
“Le pinne anteriori e posteriori sono completamente diverse: se non fossero attaccate allo stesso corpo nessuno crederebbe che appartengono a una sola specie”, afferma Dal Sasso. A sorpresa, è emerso pure che la coda non era dritta ma a forma di falce asimmetrica, con il lobo superiore assai più corto di quello inferiore. “Tutte queste appendici avevano una precisa funzione idrodinamica”, spiega Bindellini. “Servivano per manovrare e cambiare rapidamente direzione; questo consentiva al Besanosauro di inseguire e catturare piccole prede velocissime come calamari e pesci di mare aperto. Altre specie di ittiosauri a lui contemporanee non erano in grado di farlo”.
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