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L'allarme degli esperti: dalle guerre attuali il rischio di un'escalation nucleare

Maiani, alla Conferenza Amaldi timori per la corsa al riarmo

Redazione Ansa

Le guerre in corso nel mondo potrebbero comportare il rischio di una nuova corsa alle armi nucleari, un riarmo che potrebbe vedere come protagonisti soprattutto i Paesi più piccoli: a mettere in guardia contro una possibile escalation sono gli esperti che a Roma hanno partecipato alla Conferenza Amaldi.

L'incontro, che da decenni analizza la situazione internazionale per quanto riguarda gli armamenti nucleari, è stato organizzato dall'Accademia dei Lincei, dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti e dal movimento Pugwash, l'organizzazione non governativa premiata con il Nobel per la pace nel 1995.

"I rischi delle armi nucleari in tempi difficili" è stato il tema dell'incontro, aperto dalla relazione del presidente del Pugwash, lo scienziato e politico iracheno Hussain al-Shahristani. "Il tema principale è stato il rischio che le guerre in corso possano portare a un'escalation nucleare", ha detto all'ANSA il fisico Luciano Maiani del Cern, coordinatore del gruppo di lavoro su 'Sicurezza internazionale e controllo degli armamenti', che per i Lincei ha organizzato la conferenza insieme a Paolo Cotta Ramusino del Pugwash, Micah Lowenthal della National Academy of Sciences e Barbara Gallo, responsabile della segretaria scientifica.

Sono stati cinque i punti sottolineati durante l'incontro.
Il primo riguarda i possibili effetti che una guerra nucleare potrebbe avere sul clima: "se ne parla da circa 25 anni, ma allora ci si basava su modelli atmosfera ancora poco affidabili. I modelli attuali - prosegue Maiani - permettono invece di avere un quadro più preciso, tanto da poter dire che un conflitto nucleare produrrebbe milioni di tonnellate di polveri da fumo e incendi. Queste verrebbero poi immesse nella stratosfera, dove formerebbero un velo che si espanderebbe su tutta la Terra fino a oscurare il sole, nel cosiddetto inverno nucleare, con estinzioni di massa e carenze dei raccolti.

Il secondo punto riguarda la guerra in Ucraina: "è quella a preoccupare maggiormente per il rischio di un'escalation, con l'incognita di quella che potrebbe essere una risposta dell'Europa, che sicuramente subirebbe danni", dice il fisico.


Nel frattempo Giappone, Corea del Sud e Australia spingono per la ricerca di forme di comunicazione diretta, una sorta di linea rossa con la Corea del Sud per evitare pericolosi malintesi e falsi segnali sull'innesco di un attacco nucleare.


Fra le preoccupazioni maggiori c'è poi il timore che piccoli Stati cerchino di procurarsi armi nucleari in una nuova corsa al riarmo e che possano quindi aggiungersi ai nove che le hanno già (vale a dire il gruppo formato da Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina, più India, Pakistan, Israele e Corea del Nord).

Fra i punti interrogativi, infine, c'è anche quello che riguarda il trattato Start, che dal 1991 ha permesso di ridurre le armi nucleari da 70mila a circa 2mila e che dovrà essere rinnovato nel 2026: "ci si chiede - conclude Maiani - che cosa succederà".

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