È stato svelato il pregiudizio inconscio che gli esseri umani nutrono verso l’Intelligenza Artificiale (AI) come ‘artista’: sembra, infatti, che il pubblico non ne riconosca ancora la capacità creativa, dando un giudizio sfavorevole a quelle opere che si pensa essere frutto di un’AI. Lo ha scoperto uno studio italiano guidato dall’Università Sapienza di Roma e org/10.1016/j.chb.2022.107406">pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior, condotto presso la fiera d’arte ArtVerona e frutto della collaborazione tra la startup di Sapienza BrainSigns ed il collettivo di artisti e ricercatori Numero Cromatico. Lo studio, non solo dà una nuova chiave di lettura del concetto di autorialità, ma può anche aprire la strada a nuovi scenari sulla creazione e sulla fruizione delle opere d’arte.
I ricercatori, guidati da Salvatore Chiarella, hanno utilizzato due dipinti astratti mai esposti in precedenza e analoghi per forme e caratteristiche, dichiarandoli ai partecipanti come realizzati da un pittore ‘in carne ed ossa’ o da un Intelligenza Artificiale. I partecipanti sono poi stati osservati misurandone la percezione emozionale, mediante sensori di battito cardiaco e conduttanza cutanea e tramite le risposte fornite a domande specifiche. I risultati hanno mostrato che il pubblico indicava come meno piacevole il quadro il cui autore dichiarato era l’AI, se valutato dopo aver visto quello dichiarato come prodotto da un essere umano.
Si registrava però una maggiore risposta di coinvolgimento emotivo in corrispondenza del secondo quadro, indipendentemente dal fatto che fosse dichiarato come generato da AI o da artista umano. “Abbiamo ottenuto un dato importante in ambito estetico – commenta Fabio Babiloni, co-autore dello studio – soprattutto alla luce del momento storico che stiamo vivendo, caratterizzato da un’ascesa delle tecnologie creative e intelligenti, molte delle quali sono in grado di produrre opere d’arte originali”.
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