Fiocchi di neve, alberi o neuroni: sono alcune delle infinite forme frattali della natura che ispirano da sempre l’arte. Un gruppo di ricerca guidato da Chan San To, dell’Università di Okinawa in Giappone, ha analizzato le opere della cosiddetta arte dendritica del giapponese Akiko Nakayama per analizzarne gli aspetti scientifici nello studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas.
“I pittori hanno spesso utilizzato la meccanica dei fluidi per creare composizioni uniche. Lo abbiamo visto con David Alfaro Siqueiros, Jackson Pollock e Naoko Tosa, solo per citarne alcuni”, ha detto Eliot Fried coautore dello studio. “Nel nostro laboratorio – ha aggiunto – riproduciamo e studiamo tecniche artistiche, per capire come le caratteristiche dei fluidi influenzano il risultato finale”.
I ricercatori si sono concentrati in particolare sulla pittura dendritica di Nakayama, in cui goccioline composte da inchiostro e alcol subiscono varie forze, soprattutto la tensione superficiale, la forza che rende le gocce di pioggia di forma sferica e consente ad esempio alle foglie di galleggiare sulla superficie di uno stagno. A causa della tensione superficiale si può osservare che in presenza di alcol, che evapora più rapidamente dell’acqua, si altera la tensione superficiale e le molecole del fluido tendono ad essere attratte verso il bordo della gocciolina, che ha una tensione superficiale maggiore rispetto al suo centro. Questo si chiama effetto Marangoni ed è lo stesso fenomeno responsabile della formazione delle lacrime di vino: le goccioline o strisce di vino che si formano all'interno di un bicchiere di vino dopo averlo agitato o inclinato.
Lo studio ha analizzato in dettagli vari aspetti legati a questa tecnica artistica: “Perché dovremmo limitare la scienza al solo progresso tecnologico?”, ha commentato Chan. “Mi piace esplorare il suo potenziale anche per guidare l’innovazione artistica”.
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