All'inizio erano una curiosità, ma oggi gli almeno 21.000 detriti spaziali che vagano intorno alla Terra sono un serio problema non solo perché i più grandi, cadendo in modo incontrollato, rischiano di provocare danni in aree abitate, ma perché in orbita potrebbero collidere con satelliti attivi, o ancora rendere impraticabili alcune orbite, impedendo di rilasciare in esse nuovi satelliti.
Le strategie per affrontare il problema vengono discusse dalla Iadc (Inter-Agency Space Debris Coordination Committee), la commissione internazionale che ha il compito di stabilire le procedure da seguire quando un satellite viene dismesso. Una possibilità è far disintegrare i frammenti più piccoli nel rientro nell'atmosfera; un'altra, più complessa, prevede il trasferimento dei detriti più grandi in posizioni sicure, chiamate orbite cimitero. La spazzatura ha cominciato ad accumularsi in orbita oltre 60 anni fa, con il lancio del primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, che ha dato inizio all'Era spaziale.
Da allora sono diventati 16.000 gli oggetti di dimensioni maggiori di 10 centimetri e almeno 300 milioni i più grandi di un millimetro, tra frammenti di metallo, bulloni, scaglie di vernice, e non mancano oggetti smarriti dagli astronauti durante le passeggiate spaziali: almeno un guanto, una chiave inglese, un paio di forbici. A spaventare di più sono gli oggetti di dimensioni notevoli, come la stazione spaziale cinese Tiangong 1, che con i suoi dieci metri e mezzo di lunghezza e le quasi otto tonnellate di massa non è comunque stato il più grande dei relitti finora piovuti sulla Terra.
A detenere il primato è ancora l'americano Skylab, che con le sue 77 tonnellate di peso e i 25 metri di lunghezza nel 1979 è caduto in Australia. Il Palazzo celeste non è stato nemmeno il più grande detrito del 2018, battuto dallo stadio del razzo russo Zenit da 8,3 tonnellate caduto il 27 gennaio nel Sud del Perù.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it