I pianeti esterni al Sistema solare potrebbero avere una composizione geologica e mineralogica più variegata del previsto e molto diversa da quella della Terra: lo dimostra l’analisi delle tracce chimiche che hanno lasciato nell’atmosfera delle loro stelle madri dopo esserne stati divorati. Lo studio, pubblicato su Nature Communications dai ricercatori della California State University e dell’Osservatorio Gemini alle Hawaii, suggerisce che alcuni esopianeti potrebbero avere meccanismi di accrescimento e differenziazione unici, senza equivalenti nel nostro Sistema solare.
I ricercatori Keith Putirka e Siyi Xu lo hanno scoperto analizzando l’atmosfera di 23 nane bianche vicine al Sistema solare e con l’atmosfera ‘contaminata’ da detriti di esopianeti. Le nane bianche, infatti, rappresentano l’ultimo stadio dell’evoluzione di stelle come il Sole che, una volta terminato il ‘carburante’, si trasformano: prima diventano una gigante rossa, poi si rimpiccioliscono diventando nane bianche. In questo processo possono incorporare alcuni esopianeti che orbitano nei paraggi, conservando frammenti del loro materiale roccioso. Analizzando l’atmosfera delle nane bianche, i ricercatori statunitensi hanno rilevato bassi livelli di silicio ed elevate quantità di magnesio e ferro, che potrebbero riflettere la composizione del mantello di esopianeti un tempo in orbita attorno a queste stelle. Dal confronto con il Sistema solare, non sono state trovate analogie con le rocce tipiche della crosta continentale che abbondano sulla Terra.
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