Su Venere c’è ancora attività vulcanica, che sta rimodellando il volto del pianeta probabilmente in modo simile a quanto avveniva sulla Terra circa 2,5 miliardi di anni fa: Venere sembra trovarsi, infatti, nello stato che precede la formazione delle placche tettoniche tipiche del nostro pianeta e apre dunque una finestra sull’aspetto che doveva avere in passato. Lo afferma uno studio nature.com/articles/s41561-022-01068-0">pubblicato sulla rivista Nature Geoscience e guidato dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa e dal California Institute of Technology (Caltech), che hanno esaminato i dati raccolti circa 30 anni fa dalla sonda Magellano della Nasa, lanciata nel 1989 e che orbitò intorno al pianeta tra il 1990 e il 1994.
La Terra racchiude un nucleo caldo che riscalda il mantello circostante, che a sua volta trasporta quel calore fino al rigido strato roccioso esterno, chiamato litosfera: da qui il calore si disperde nello spazio raffreddando anche la regione superiore del mantello, dove quindi avviene un continuo scambio di calore tra rocce calde e fredde che guida i movimenti delle placche tettoniche terrestri. Venere, invece, è sprovvisto di placche tettoniche e i meccanismi con il quale il pianeta si raffredda sono rimasti un mistero per molto tempo.
Ora, i ricercatori guidati da Suzanne Smrekar hanno scoperto che ci sono zone della superficie venusiana (chiamate corone) molto più sottili del previsto, dove lo spessore è di soli 11 chilometri circa, che permettono al calore di fuoriuscire attraverso pennacchi di roccia fusa e dove l’attività vulcanica risulta ancora in funzione. La conferma arriverà probabilmente dalla nuova missione Veritas della Nasa, che dovrebbe partire entro il 2030 per realizzare una mappa 3D del pianeta e svelarne il funzionamento interno. Alla missione partecipa anche l’Italia, attraverso una collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) per lo sviluppo e la realizzazione di tre strumenti di bordo.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it