Su Nettuno le nuvole sono quasi completamente svanite. Per la prima volta in quasi 30 anni di osservazioni l’atmosfera del freddo pianeta gassoso appare privo di nubi, ad eccezione della regione del polo Sud. Nonostante la grande distanza dal Sole, secondo i ricercatori guidati da Imke de Pater, dell’Università della California a Berkeley, la scomparsa delle nuvole sarebbe legata all’attività solare. Lo indicano nello studio pubblicato sulla rivista Icarus,
Nettuno è il più lontano dei pianeti del Sistema Solare ed è stato osservao da vicino solamente dalla sonda Voyager 2, che nel 1989 vi fece un sorvolo ravvicinato passando a soli 5mila chilometri di distanza, In quell'occasione la sonda della Nada vice per la prima volta un’enorme tempesta in atto e da allora il pianeta viene periodicamente analizzato con alcuni dei più potenti telescopi basti a Terra, come l’osservatorio Keck nelle Hawaii, o i telescopi spaziali come Hubble e Webb.
Le immagini raccolte hanno permesso di monitorare nel tempo le formazioni nuvolose del pianeta: nubi bianche simili ai cirri terrestri e che in questi ultimi mesi sono quasi completamente scomparse. Proprio dal confronto dei dati è emersa una possibile correlazione tra le nuvole e il ciclo solare, ossia il periodo di circa 11 anni di fluttuazione dell’intensità delle radiazioni solari. Secondo gli autori della ricerca, i picchi di emissione di luce ultravioletta dal Sole hanno comportato a distanza di 2 anni un aumento delle nubi.
“Questi dati straordinari ci danno la prova più forte che la copertura nuvolosa di Nettuno è correlata al ciclo del Sole”, ha detto de Pater. “Le nostre scoperte – ha aggiunto – supportano la teoria secondo la quale i raggi Uv del Sole, quando sono abbastanza forti, potrebbero innescare una reazione fotochimica che produce le nubi di Nettuno”. Una correlazione che ha stupito i ricercatori in quanto Nettuno riceve solo poco più di un millesimo della radiazione solare rispetto alla Terra ma dimostra le grandi capacità osservative oggi a disposizione: “E’ affascinante poter utilizzare i telescopi sulla Terra per studiare il clima di un mondo a più di quattro miliardi di chilometri da noi”, ha detto Carlos Alvarez, astronomo dell’Osservatorio Keck e tra gli autori dello studio.
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