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Scoperte stelle triple, potrebbero rivoluzionare le teorie attuali VIDEO

Molte coppie di astri si sono rivelate essere dei terzetti

Redazione Ansa

Potrebbe rivoluzionare le teorie attuali sulla loro formazione la scoperta di parecchie stelle triple: molti sistemi che si pensavano essere formati da coppie di astri, si sono in realtà rivelati essere costituiti da terzetti, dove una delle tre stelle è così debole da essere estremamente difficile da individuare. Il risultato, pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society dall’Università britannica di Leeds, è stato ottenuto grazie ai dati raccolti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, il cui obiettivo è ottenere la mappa di circa 2 miliardi di stelle che popolano la Via Lattea.

 



I ricercatori guidati da René Oudmaijer si sono concentrati sulle stelle appartenenti alla classe Be, alcune delle più grandi e comuni dell’universo, spesso circondate da un disco di polveri e gas simile agli anelli di Saturno. La prima stella appartenente a questa classe è stata osservata nel 1866 dall’astronomo italiano Angelo Secchi.

Finora si pensava che il disco si formasse a causa della presenza di una stella compagna, alla quale la prima rubava materia, ma gli autori dello studio hanno scoperto che, in molti casi, non si tratta di una coppia ma di un trio: il terzo astro costringe il secondo ad avvicinarsi alla stella principale, che come una sorta di vampiro cosmico comincia a sottrarle materia fino a renderla così debole da non essere rilevata.

 

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Rappresentazione artistica di una stella vampiro (a sinistra) che strappa materia alla sua vittima (fonte: ESO/M. Kornmesser/S.E. de Mink)

 

La scoperta potrebbe avere enormi impatti su molti settori dell’astronomia. “C'è una rivoluzione in corso nella fisica in questo momento, e riguarda le onde gravitazionali”, afferma Oudmaijer. “Le osserviamo solo da pochi anni e sappiamo che vengono emesse dalla fusione di buchi neri o stelle di neutroni, ma non sappiamo molto della natura delle stelle che danno origine a questi oggetti. I nostri risultati – conclude il ricercatore – forniscono un indizio proprio per comprendere queste sorgenti di onde gravitazionali”.

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