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Primo test per sbrinare gli occhi di Euclid

Acceso il riscaldamento per sciogliere il ghiaccio sulle lenti del telescopio soaziale

Euclid sta affrontando un problema comune ai veicoli che operano nel freddo gelido dello spazio (fonte: ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA. Background galaxies: NASA, ESA, and S. Beckwith (STScI) and the HUDF Team)

Redazione Ansa

Dopo mesi di ricerche, sta iniziando il primo test per cercare di ‘sbrinare’ gli occhi del telescopio spaziale Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea, che dovrà a breve cominciare a scandagliare l’universo per capire di cosa sono fatte la materia e l'energia oscure. Sulle lenti dei suoi strumenti così sensibili, infatti, si è depositato un sottilissimo strato di ghiaccio, dello spessore di una molecola di Dna, ma sufficiente a notare una diminuzione nella luce che viene rilevata dalle stelle. Il team di Euclid tenterà quindi una procedura mai effettuata prima da 1,5 milioni di chilometri di distanza, accendendo gradualmente il ‘riscaldamento’ per cercare di sciogliere il ghiaccio senza compromettere la funzione degli strumenti.

Euclid sta affrontando un problema comune a telescopi e sonde che operano nel freddo gelido dello spazio: l’acqua che viene assorbita dall’aria durante l’assemblaggio sulla Terra si deposita all’interno di alcune componenti e viene poi rilasciata una volta che i veicoli si trovano nel vuoto del cosmo, attaccandosi alle superfici. È un problema che era stato ovviamente previsto e proprio per questo motivo, subito dopo il lancio (avvenuto a luglio scorso), sono stati accesi i riscaldatori presenti a bordo per cercare di eliminare subito tutta l’acqua. Una parte, però, è evidentemente sopravvissuta.

L’opzione più semplice prevede di riaccendere tutti i riscaldatori contemporaneamente per diversi giorni, portando la temperatura a bordo da -140 a -3 gradi: questo eliminerebbe il ghiaccio presente, ma riscalderebbe anche tutti i componenti del telescopio, rovinando il suo allineamento. Riguadagnare l’assetto giusto richiederebbe poi diverse settimane di ricalibrazione, tempo prezioso che andrebbe sottratto alla missione. La soluzione trovata, dunque, prevede di iniziare riscaldando individualmente solo alcune componenti meno sensibili, e procedere così con molta cautela finché non si riuscirà a individuare il punto in cui si è depositato il ghiaccio.

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