Risolto in parte l’enigma delle coppie di stelle ‘gemelle ma non troppo’, nate insieme nella stessa nube molecolare ma che hanno una composizione chimica diversa: per la prima volta è stata confermata la teoria secondo la quale la diversificazione può avvenire già prima della nascita, a causa di nubi dove il materiale dal quale originano gli astri è distribuito in maniera non omogenea.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Astronomy & Astrophysics Letters, si deve alla ricerca guidata dall’Istituto argentino di Scienze Astronomiche, della Terra e dello Spazio, e si basa sui dati raccolti dal telescopio Gemini South in Cile, gestito dai NoirLab dell'americana National Science Foundation. Il risultato sfida gli attuali modelli di formazione stellare e planetaria e indica che molte differenze finora imputate a impatti planetari andranno riviste alla luce delle nuove conoscenze.
Si stima che fino all'85% delle stelle esista in sistemi stellari binari, cioè coppie di astri, che nascono insieme dalla stessa nube molecolare: ci si aspetterebbe, dunque, che queste coppie esibiscano composizione e caratteristiche quasi identiche, eppure spesso non è così. Adesso, i ricercatori guidati da Carlos Saffe, grazie alla grande precisione delle osservazioni di un sistema binario di stelle giganti alla fine della loro vita compiute con Gemini South, hanno confermato che le differenze possono effettivamente avere origine prima ancora che i corpi celesti comincino a formarsi. I risultati ottenuti sono molto importanti, innanzitutto perché offrono una spiegazione del motivo per cui stelle binarie possono avere sistemi planetari molto diversi tra loro. Ma anche perché evidenziano che il sistema noto come ‘etichettatura chimica’, che utilizza la composizione chimica per identificare astri che provengono dallo stesso ambiente, non costituisce sempre un metodo affidabile.
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