Proteggere lo spazio dallo sfruttamento senza regole, così come proteggiamo gli oceani: è l’appello che torna a lanciare un gruppo internazionale di scienziati guidati da Imogen Napper, dell'Università britannica di Plymouth. La lettera pubblicata sulla rivista One Earth propone di includere la tutela dell'orbita terrestre fra gli obiettivi per lo Sviluppo sostenibile indicati dalle Nazioni Unite.
L’appello segue quello pubblicato sulla rivista Science a marzo 2023 in cui si chiedeva un trattato legalmente vincolante per garantire che l'orbita terrestre non venisse danneggiata irreparabilmente dall’espansione dell'industria spaziale. Il numero di satelliti in orbita è infatti cresciuto in modo incredibile: basti pensare che sia nel 2023 sia nel 2024 sono stati messi in orbita quasi 3.000 satelliti, mentre se ne lanciavano poche centinaia fino al 2019, anno in cui è iniziato il dispiegamento della costellazione Starlink della SpaceX.
Il numero dei satelliti nell'orbita terrestre è destinato a crescere ulteriormente con il proseguo dei lanci di Starlink e l’arrivo di nuove costellazioni analoghe da parte di altre aziende privati e stati. “Satelliti che portano immensi benefici alla società, dal monitoraggio degli ecosistemi e dal supporto delle comunicazioni globali”, scrivono i ricercatori,ma il loro numero comporta un considerevole aumento di detriti e frammenti che in caso di incidenti a loro volta aumentano la possibilità di nuovi incidenti.
Servono dunque regole più stringenti, e per ottenere un maggiore consenso globale i ricercatori propongono la definizione di un nuovo obiettivo per lo Sviluppo sostenibile dedicato specificatamente allo spazio, così come si è fatto con gli oceani. “La necessità di proteggere e collegare i nostri ambienti naturali, dall'oceano all'orbita terrestre, non è mai stata così urgente”, scrive Napper.
Lo spazio, e gli oceani, prosegue, “sono vitali per la salute del nostro pianeta, ma sono sempre più minacciati dalle pressioni che esercitiamo su di essi. C'è una crescente consapevolezza che i rifiuti in mare non conoscono confini internazionali e lo stesso vale per i detriti spaziali. Un accordo sostenuto dall'Onu sarebbe un passo cruciale per salvaguardare l'orbita terrestre per il futuro”.
Seppur vasta l’orbita terrestre è un ambiente finito, prosegue l’appello, e sfruttarlo senza criterio sarebbe ripetere gli errori del passato: “occorre regolamentare ciò che immettiamo nello spazio – concludono – e garantire che gli oggetti che entrano in orbita siano sicuri, sostenibili e utili a scopi essenziali, o almeno importanti, per un numero significativo di persone in tutto il mondo”.
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