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Terremoto di magnitudo superiore a 8 nel Pacifico

Osservata un'onda di tsunami di un metro

Redazione Ansa

Il terremoto che alle 6:49 italiane dell'8 settembre 2017 è avvenuto nell'oceano Pacifico, vicino alle coste messicane del Chiapas, è fra i 50 sismi più violenti mai registrati ed "è avvenuto in una regione molto attiva dal punto di vista sismico e nella quale i terremoti sono frequenti", ha osservato il sismologo Alessandro Amato, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Le misure della magnitudo si sono inseguite da un centro di ricerca all'altro in tutto il mondo e ognuno di essi ha elaborato i calcoli sulla base dei propri modelli di riferimento: per questo, come spesso avviene per i grandi terremoti, non c'è una misura univoca della magnitudo, sicuramente superiore a 8,0 e calcolata con valori che oscillano fra 8,1 e 8,2. Sono state registrate alcune repliche, che al
momento non risultano essere particolarmente forti.

A scatenare il terremoto è stata la rottura di una faglia di grandi dimensioni, che si estende per un centinaio di chilometri parallelamente alla costa messicana. E' una zona nota agli esperti perché è qui che la placca oceanica di Cocos scivola al di sotto delle placche del Nord America e dei Caraibi. Quella di Cocos è una placca tettonica relativamente giovane, formata circa 23 milioni di anni fa dalla rottura di una placca più grande, dalla quale è nata anche la placca di Nazca. Oltre che con le placche nordamericana e caraibica a Nord, la placca di
Cocos confina con quella del Pacifico a Ovest e con quella di Nazca a Est.

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Il terremoto è avvenuto alla profondità di circa 70 chilometri, sufficiente per generare effetti in superficie, come l'onda di tsunami alta poco più di un metro che è stata rilevata poco dopo l'evento dai mareografi dislocati lungo le coste messicane. Quello vicino al porto di Salina Cruz è stato fra i primi a segnalare il fenomeno e ha permesso di lanciare l'allerta tsunami.

 

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"La rottura della faglia è avvenuta all'interno della placca di Cocos", ha detto Amato. Questo è stato un bene perché "se la rottura della faglia fosse avvenuta nella zona di deformazione al confine tra le placche, probabilmente le conseguenze del terremoto sarebbero state molto più pesanti". Infatti la deformazione del fondale sarebbe stata drammatica, ha rilevato l'esperto, al punto che avrebbe potuto generare un'onda di tsunami decisamente più alta rispetto a quella di circa un metro avvenuta nella realtà.

 

 

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