Nessun angolo della Terra è libero dall’inquinamento atmosferico: solo lo 0,001% della popolazione mondiale respira aria nella quale le concentrazioni di polveri sottili si trovano entro i livelli considerati sicuri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Lo afferma il primo studio condotto a livello globale sulle polveri sottili più pericolose per la salute, il cosiddetto PM 2,5, thelancet.com/journals/lanplh/article/PIIS2542-5196(23)00008-6/fulltext#supplementaryMaterial">pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health e guidato dall’australiana Monash University di Melbourne. La ricerca permetterà di valutare meglio gli effetti sulla salute a breve e lungo termine dell'inquinamento atmosferico e di sviluppare strategie per ridurre i rischi collegati.
I ricercatori guidati da Wenhua Yu hanno messo insieme i dati provenienti dalle tradizionali stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, dai satelliti e dai rilevatori meteorologici, rielaborandoli grazie a innovativi sistemi di apprendimento automatico per fornire un quadro globale molto dettagliato. I risultati mostrano che, nonostante una leggera diminuzione dei giorni con livelli elevati di PM 2,5, nel 2019 oltre il 70% delle giornate ha superato la soglia di 15 microgrammi per metro cubo stabilita dall’Oms, con una media annuale dal 2000 al 2019 di ben 32,8 microgrammi per metro cubo.
Le concentrazioni più elevate di PM 2,5 si riscontrano in Asia meridionale e orientale ed in Nord Africa, mentre quelle più basse in Australia, Nuova Zelanda e America Latina, paesi che tuttavia hanno visto crescere notevolmente i livelli di inquinamento atmosferico nel periodo preso in esame. Le uniche zone dove la concentrazione annuale e giornaliera di polveri sottili si è abbassata sono Europa e Nord America, dove comunque l’inquinamento rimane sopra il livello di guardia.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it