Tra il 20% e il 40% dell'anidride carbonica (CO2) emessa nell’area dei Campi Flegrei proviene da sorgenti non riconducibili al magma e questo valore è in progressivo aumento dal 2005, con tassi di crescita simili a quelli dell’incremento della temperatura del sistema idrotermale. Questi i risultati dello studio pubblicato sulla rivista Geology da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
“La caldera dei Campi Flegrei emette ogni giorno ingenti quantitativi di anidride carbonica” spiega Lucia Pappalardo, ricercatrice dell’Ingv. “I flussi di questo gas sono principalmente concentrati nei pressi del cratere della Solfatara di Pozzuoli e sono progressivamente aumentati nel corso della recente crisi bradisismica, iniziata nel 2005, fino a raggiungere l’attuale livello di 3.000-5.000 tonnellate al giorno. Un valore che rende la caldera flegrea uno tra i principali emettitori al mondo di anidride carbonica di origine vulcanica”.
L’anidride carbonica è la seconda specie volatile contenuta nel magma dopo l’acqua, e ciò ha fatto spesso rilevare un massiccio rilascio di CO2 nei periodi precedenti gli eventi eruttivi. Tuttavia, la sua origine non è esclusivamente riconducibile al magma, specie presso le caldere che ospitano estesi sistemi idrotermali come i Campi Flegrei.
Lo studio “ha consentito di stimare che fino al 40% dell’anidride carbonica emessa abbia origine dalla dissoluzione della calcite idrotermale presente nelle rocce del sottosuolo flegreo”, spiega Gianmarco Buono, ricercatore dell’Ingv. “In dettaglio - aggiunge il collega Giovanni Chiodini - a guidare questo processo è la conversione della calcite, precedentemente rilevata in abbondante quantità nel sottosuolo flegreo, in anidride carbonica a seguito della circolazione di fluidi caldi e acidi nelle rocce che ospitano il sistema idrotermale”.
La ricerca, che offre un approccio utile anche per altri sistemi vulcanici, “proseguirà con la quantificazione dei flussi di anidride carbonica emessi in ambiente sottomarino, finora rimasti inesplorati”, conclude Buono.
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