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Scoperti batteri divoratori di CO2 sotto l’isola di Vulcano

Potrebbero essere usati in stagni pensati per catturare gas serra

In primo piano Lipari e dietro l'isola di Vulcano (fonte: Luca Moglia, da Flickr)

Redazione Ansa

Nelle sorgenti termali vulcaniche sottomarine intorno all’isola italiana di Vulcano sono stati scoperti dei batteri divoratori di CO2, che riescono ad assorbire questo gas ad una velocità incredibile, molto maggiore degli altri batteri dotati di questa capacità finora conosciuti. La scoperta, riportata dal giornale britannico The Guardian e fatta da un gruppo di ricercatori del progetto internazionale Two Frontiers, del quale fanno parte anche diversi italiani, apre le porte a nuove applicazioni per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera, un passaggio ritenuto da molti esperti necessario per affrontare la crisi climatica.

Questi batteri, ad esempio, potrebbero essere utilizzati in stagni realizzati appositamente per catturare gas serra come la CO2 ed immagazzinarli al loro interno. Il nuovo microrganismo fa parte dei cosiddetti cianobatteri, a volte chiamati impropriamente anche alghe azzurre o alghe verdi-azzurre: si tratta di organismi fotosintetici, che sono quindi in grado di effettuare la fotosintesi, sottraendo anidride carbonica all’ambiente.

Ma ciò che rende speciale il nuovo arrivato è la velocità con cui compie questa attività, decisamente superiore rispetto a quella di tutti gli altri parenti noti. Inoltre, il nuovo batterio ha anche un’altra proprietà insolita: affonda nell’acqua, fattore che potrebbe aiutare a raccogliere la CO2 che assorbe.

I ricercatori guidati da Braden Tierney, delle università americane Cornell e Harvard Medical School, hanno compiuto una spedizione all’isola di Vulcano a settembre 2022: il team di sommozzatori ha raccolto campioni nella baia di Levante, le cui acque sono caratterizzate da un’elevata quantità di anidride carbonica disciolta e da un pH molto basso, a causa delle infiltrazioni di origine vulcanica. I risultati di questa spedizione e di un’altra avvenuta a febbraio di quest’anno alle sorgenti termali presenti nelle Montagne Rocciose del Colorado saranno poi messi a disposizione dell’intera comunità scientifica grazie ad un database

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