L’Etna potrebbe diventare il modello per studiare i vulcani di Venere e fornire in questo modo elementi utili per organizzare le future missioni dirette al secondo pianeta più vicino al Sole. E’ quanto ha proposto, in un articolo sciencedirect.com/science/article/pii/S0019103524000174">pubblicato sulla rivista Icarus, un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica e condotto in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. In particolare l’Etna potrebbe aiutare a studiare l’Idunn Mons, un vulcano di Venere forse tutt’ora attivo e che in base ai dati attualmente disponibili si ritiene abbia eruttato in tempi geologici recenti.
Allo studio hanno partecipato le agenzie spaziali di Stati Uniti (Nasa) e India (Isro), e le università di Catania, Pavia e Sapienza di Roma, più quelle britanniche di Londra e Coventry e la spagnola Rey Juan Carlos di Madrid. Le missioni che potrebbero beneficiare dei risultati di questa ricerca sono Veritas e Davinci della Nasa, EnVision dell’Agenzia Spaziale Europea e Shukrayaan-1 dell’Isro.
L’Etna è un laboratorio naturale a cielo aperto per i geologi che si occupano di vulcanismo, perché facile da raggiungere e perché è possibile effettuare osservazioni in-situ prelevando campioni di lava che saranno poi comparati con quelli prodotti dalle future missioni su Venere. I dati aiuteranno a definire il livello di similarità con le lave dei vulcani venusiani. “La comparazione ha evidenziato che entrambi i vulcani interagiscono con una zona di rift e che la presenza sui fianchi di Idunn Mons di strutture vulcaniche di piccole dimensioni, morfologicamente simili ai coni di scorie presenti sui fianchi dell'Etna”, osserva il primo autore della ricerca, Piero D’Incecco dell’Inaf. “La facilità di accesso permetterà anche di utilizzare l'Etna come possibile area di test per operazioni di perforazione del suolo da parte dei lander che atterreranno sulla superficie di Venere grazie a future missioni come la Roscosmos Venera-D”, aggiunge D’Incecco, di recente nominato nel comitato direttivo del Venus Exploration Analysis Group della Nasa, per un mandato di 3 anni.
Per il direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv Stefano Branca, coautore dell’articolo, l’Etna “a partire dal XIX secolo in poi è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per tutta la comunità scientifica italiana e internazionale riguardo gli studi di tipo geologico, vulcanologico, geofisico e geochimico e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell'Osservatorio Etneo dell'Ingv, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo. Questo lavoro – rileva - evidenzia ancora di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. Infatti, le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano, acquisita durante gli studi realizzati per la pubblicazione della carta geologica dell'Etna alla scala 1:50.000, unitamente alle conoscenze sull'attività recente hanno permesso di fare una comparazione morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibile evidenza di vulcanismo attivo su Venere”.
L’Etna è un laboratorio naturale per studiare i vulcani di Venere
Aiuterà a preparare le future missioni dirette al pianeta