Le prime avvisaglie c’erano da tempo e adesso nuovi dati confermano definitivamente che l’Antartide non è riuscita a sfuggire al virus dell’influenza aviaria H5N1, arrivato probabilmente insieme agli uccelli selvatici provenienti dall'America meridionale. Nel frattempo continuano ad aumentare i casi di infezione nell’uomo. L'ultimo è stato accertato in una ragazza di 15 anni morta in Cambogia: è la decima vittima nel Paese dall’inizio del 2024, mentre a partire dal 2023 si contano complessivamente almeno 903 casi nel mondo. Di questi 464 sono morti e quasi tutti i casi sono collegati al contatto con animali infetti o con ambienti contaminati.
Anche nell'ultimo caso diagnosticato in Cambogia, dove il virus H5N1 circola dal 2023, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in relazione l’infezione con il contatto con pollame contaminato. L’attenzione è alta ovunque, dopo che recentemente è stato documentato il salto di specie del virus dell'aviaria dagli uccelli ai mammiferi. Al momento, comunque, l’analisi genetica indica che il virus H5N1 non ha caratteristiche tali da consentire il contagio da uomo a uomo.
Di sicuro, invece, il virus H5N1 è in grado di viaggiare, spostandosi con gli uccelli migratori. Ed è così che dal Sud America ha raggiunto l’Antartide, dove la sua presenza è stata confermata a partire dal 2022 grazie alla ricerca condotta dall’Agenzia britannica per la salute di piante e animali (Apha) e pubblicata sulla rivista Nature Communications.
La presenza del virus H5N1 in Antartide era stata segnalata tra febbraio e marzo e poi nell'aprile 2024, quando una ricerca australiana lo aveva individuato nella zona nord-occidentale e isolato negli Skua, uccelli simili ai gabbiani e molto comuni lungo le coste antartiche. L'allarme è stato tale da costringere a interrompere le campagne di ricerca sui pinguini.
Adesso la ricerca condotta dal gruppo dell'Apha guidato da Ashley Banyard, e del quale fa parte il virologo italiano Marco Falchieri, ha trovato il virus H5N1 sia negli uccelli sia nei mammiferi che vivono nelle isole Falkland e nella Georgia del Sud. Oltre che negli Skua, il virus è stato rilevato negli zigoli e nelle sterne; fra gli animali marini, sono state colpite le foche elefante.
La ricerca britannica fornisce la dimostrazione definitiva di quanto il virus dell'aviaria si sia diffuso su un’area geografica molto vasta, tanto da far scattare un campanello d’allarme per gli animali selvatici che, come quelli antartici, vivono nelle regioni più remote del mondo. In particolare, gli autori della ricerca ritengono opportuno mantenere alta la guardia analizzando in dettaglio la circolazione del virus nell'ecosistema antartico. Osservano, per esempio, come sia importante mettere a punto misure di prevenzione e attuare una sorveglianza continua allo scopo di mitigare i rischi per la fauna selvatica che vive in zone remote, ma non inaccessibili, come dimostra il caso dell'Antartide.
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