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Negli oceani una foresta di plancton alimentata dal clima che cambia

Si sta espandendo anche nelle acque profonde

Uno dei dispositivi usati per campionare il fitoplancton (fonte: Dr Bob Brewin)

Redazione Ansa

L’invisibile foresta di fitoplancton che popola gli oceani si sta espandendo verso le acque più profonde a causa del cambiamento climatico e potrebbe avere un impatto sulla catena alimentare. Lo indica lo studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change e guidato da Johannes Viljoen, dell’Università di Exeter nel Regno Unito, che sottolinea l’importanza di questi organismi alla base della catena alimentare.

Tutti i mari del mondo sono popolati da minuscoli organismi alla deriva che da soli rappresentano circa la metà della cosiddetta produzione primaria, ossia producono attraverso la fotosintesi la metà delle sostanze organiche utilizzate da ogni altro essere vivente del pianeta. Analizzando la quantità e la distribuzione del fitoplancton negli ultimi 33 anni nel mar dei Sargassi, la vasta regione di oceano Atlantico compresa tra le Antille e le Azzorre, i ricercatori hanno osservato che la biomassa totale, ossia la quantità di micrororganismi è andata crescendo con l’aumento delle temperature.

Nei microrganismi presenti in superficie si è registrata una presenza stabile, anche se è diminuita gradualmente la presenza di clorofilla al loro interno, mentre una rapida crescita di organismi si osserva decine di metri sotto la superficie marina. “I nostri risultati – spiega Viljoen – indicano che il fitoplancton di profondità, che prospera in condizioni di scarsa illuminazione, risponde in modo diverso al riscaldamento dell'oceano e alla variabilità climatica rispetto al fitoplancton di superficie”.

Un cambiamento che potrebbe avere grande impatto sull’intera catena alimentare oceanica, dai piccoli pesci fino ai grandi mammiferi. Ma mentre da satellite è possibile facilmente monitorare il fitoplancton superficiale per non è così per quello che si trova negli strati più profondi per questo, sottolineano i ricercatori, occorre investire di più in reti di monitoraggio subacquee altrimenti questi importanti cambiamenti resterebbero invisibili. 

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