Il suolo sempre più arido per la siccità, una vegetazione disidrata e alberi indeboliti da alcune specie di coleotteri che il caldo sta spingendo sempre più a Nord: è così che il fuoco si sta facendo strada facilmente nella zona di Los Angeles, spinto dai venti che soffiano dal deserto, come i Santa Ana Winds. Ma anche questa volta a innescare gli incendi è stato l'uomo, come accade nella quasi totalità dei casi, tranne rare eccezioni dovute ai fulmini.
"La situazione nella zona di Los Angeles nasce dalla combinazione di una serie di elementi, il principale dei quali sono i venti forti e caldi", vero motore degli incendi. "Un altro elemento chiave - prosegue l'esperto - è la siccità, che comporta la disidratazione della vegetazione, permettendo al fuoco di propagarsi facilmente".
Il vero regista è però il cambiamento climatico: "Tanti studi mettono in guardia sul fatto che il surriscaldamento del pianeta e il calo delle precipitazioni hanno ripercussioni importanti in termini di rischio di incendi", come nella loro durata e frequenza. Il fenomeno non riguarda solo la California, ma tutto l'emisfero settentrionale perché, dice Salis, "si prevede lo spostamento verso Nord delle aree che potrebbero subire incendi significativi", come i roghi che nel 2017 hanno devastato il Portogallo e negli anni seguenti altre regioni europee.
Un altro elemento sempre più comune a Europa e Stati Uniti è il fatto che, come avviene da tempo in California, si costruiscono le case lontano dalle città, a ridosso di foreste o di aree a rischio di incendio. Spesso poi le case sono costruite con materiali infiammabili come il legno.
La parola chiave è "prevenzione", osserva Salis. "Soprattutto in condizioni difficili come quelle che si stanno verificando in California, con venti molto forti, non sempre è possibile intervenire con mezzi di soppressione degli incendi". Per questo è importante "dare la priorità alla prevenzione", per esempio con "la manutenzione dei boschi e delle aree rurali, che stanno subendo un fenomeno di abbandono importante" e "facendo investimenti per rendere il territorio più resiliente", nelle foreste continentali come nella macchia mediterranea. Bisogna poi "monitorare e definire le zone più a rischio per individuare le priorità della prevenzione", osserva ancora Salis, e preparare le popolazioni che vivono vicino alle aree a rischio perché adottino contromisure per mettere in sicurezza gli edifici.