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Webcam e test, i miti italiani sulla privacy online

Ancora confusione sulle regole per navigare sicuri

Una webcam

Redazione Ansa

Consapevoli dei rischi derivanti dal boom del digitale, ma poco attenti nelle loro attività quotidiane. Una recente analisi di Kaspersky, agenzia di cybersicurezza, evidenzia i paradossi a cui gli italiani vanno incontro quando navigano sul web o usano app sullo smartphone.

Secondo il report "Entusiasmo, superstizione e grande insicurezza, come gli utenti di tutto il mondo si confrontano con l'universo digitale", condotto a giugno in vari Paesi , Italia inclusa, poco più di 4 italiani su 10 (42%) pensano che coprire la webcam sia una misura elevata di protezione della privacy online mentre il 36% si affida alla modalità di navigazione in incognito credendo di poter diventare, in tal modo, del tutto invisibile in rete.

 Non è propriamente così, come spiega Luigi Garofalo, direttore di Cybersecurity Italia. "L'abitudine di coprire la webcam del proprio Pc è nata quando nel 2016 Mark Zuckerberg ha mostrato, involontariamente, una sua foto con webcam e microfono coperti da un nastro adesivo. Il rischio zero non esiste nelle nostre vite digitali. Potenzialmente, tutti i dispositivi possono essere hackerati per spiarci, ma prima di giungere a questo è fondamentale accrescere sempre di più la cultura della sicurezza in Italia. Per esempio, uno smartphone o un computer con sistema operativo non aggiornato è più vulnerabile ai virus.

Così come è più probabile che sia vittima di un furto d'identità l'utente che cede, in modo inconsapevole, i propri dati personali pensando solo di fare un gioco online".

E in effetti, la ricerca di Kaspersky ha riscontrato che il 39% degli italiani si diverte a fare minigiochi e test online, inviando i propri dati personali a fonti non affidabili e coinvolgendo anche gli amici. Quasi la metà teme che gli assistenti vocali siano costantemente in ascolto e raccolgano informazioni personali. Di conseguenza, il 24% sceglie di attivare la modalità aereo durante le conversazioni private più importanti. Nonostante ciò, il 19% è disposto a cliccare su link sconosciuti nei messaggi, con il rischio di compromettere la propria sicurezza.

"Ancora una volta si registra un ritardo nella consapevolezza delle persone nell'utilizzo dei sistemi e delle tecnologie digitali" sottolinea Alessandro Piva, direttore dell'Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano. "L'evoluzione degli strumenti di condivisione di contenuti generati dagli utenti non va di pari passo con una comprensione, anche nelle fasce d'età più giovani, di quali siano i rischi dell'esposizione dei propri dati personali su internet. Diventa quindi fondamentale istruire e sensibilizzare su cosa significhi privacy online, portando esempi delle possibili implicazioni di comportamenti scorretti".

Per Piva, come nella scuola anche nell'ambito professionale è di primaria importanza prevedere corsi di formazione sulle principali minacce e sui corretti comportamenti da tenere.

"Negli ultimi anni, dalle nostre rilevazioni emerge una maggiore sensibilità da parte delle aziende su queste tematiche ma rimane ancora molto da fare per rispondere in modo adeguato all'evoluzione dei sistemi digitali e alle minacce informatiche, sempre più sofisticate e in continua crescita". 
   

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