"La condivisione dei dati tramite le app, di persone a cui è stato diagnosticato il coronavirus o che sono risultate positive, deve essere attivata solo da un'azione volontaria dell'utente". Lo ha chiarito in una nota il Comitato Ue per la protezione dei dati (Edpb). Secondo il Comitato, con l'apertura delle frontiere, l'interoperabilità delle app tra i vari paesi non dovrebbe essere usata per estendere la raccolta di dati personali oltre ciò che è necessario.
Le app di tracciamento dei contatti, si legge nel documento dell'Edpb, devono rientrare "in una strategia globale della sanità pubblica per combattere la pandemia", come i test e la successiva tracciabilità manuale dei contatti "allo scopo di migliorare l'efficacia delle misure eseguite". Il Comitato Ue sottolinea che "i responsabili del trattamento dei dati devono garantire che le misure siano efficaci e proporzionate e devono valutare se un'alternativa meno invadente può raggiungere lo stesso scopo".
L'Edpb si è poi pronunciato sulla riapertura delle frontiere e ha esortato gli stati membri ad adottare un approccio comune nel decidere quale trattamento dei dati personali sia necessario e proporzionato nel contesto della pandemia. Inoltre, "la decisione di consentire l'ingresso in un Paese non dovrebbe basarsi solo sulle tecnologie automatizzate", che non dovrebbero applicarsi ai bambini e dovrebbero garantire il diritto alla persona di essere informata e poter contestare la decisione.
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