I motori della disinformazione che corre sui social media sono i cosiddetti 'super-condivisori', utenti che condividono volumi enormi di contenuti rispetto agli altri, e le notizie vere ma presentate in maniera fuorviante. A svelare questi meccanismi fondamentali e i loro impatti sul mondo reale sono due studi condotti su Facebook e X, entrambi pubblicati sulla rivista Science: il primo è guidato da Jennifer Allen del Massachusetts Institute of Technology, mentre il secondo da Sahar Baribi-Bartov dell'Università israeliana Ben-Gurion.
La prima ricerca ha valutato l'impatto di oltre 13mila notizie accurate ma ingannevoli sui vaccini anti-Covid, condivise da circa 233 milioni di utenti Facebook statunitensi nel 2021. Un esempio di questa tipologia di contenuto lo fornisce la storia pubblicata dal quotidiano americano Chicago Tribune col titolo "Un medico 'in salute' è morto due settimane dopo aver ricevuto un vaccino contro il Covid-19": non c'erano prove che il vaccino avesse qualcosa a che fare con la morte, ma la formulazione insinua un nesso e la storia è stata visualizzata da quasi 55 milioni di persone sulla piattaforma. I risultati indicano che questo tipo di notizie fuorvianti ha avuto un impatto 46 volte maggiore rispetto a quelle contrassegnate espressamente come false nel rendere le persone più dubbiose nei confronti della vaccinazione.
Il secondo studio si è invece concentrato sui responsabili della disinformazione su X durante le elezioni presidenziali americane del 2020. I ricercatori hanno scoperto che, in un campione di oltre 660mila votanti, l'80% delle fake news sono state condivise da poco più di 2mila di essi. Indagando su questi super-condivisori, è emerso che si tratta per la maggior parte di donne bianche, di mezza età e repubblicane, residenti nei tre stati conservatori di Arizona, Florida e Texas. Questi individui, inoltre, provengono più spesso da quartieri con basso livello di istruzione ma con reddito relativamente alto.