Azioni di "basso impatto", innalzamento dell'allerta sicurezza in diversi Paesi, anche in Italia, ma al momento nessun attacco hacker paragonabile alla devastazione della "guerra guerreggiata". A quindici giorni dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è possibile fare un primo bilancio sul ruolo effettivo del cyberspazio che "sta dimostrando tutti i suoi limiti strategici e operativi", poiché Mosca "ha una finestra di opportunità più efficace nelle armi reali piuttosto che in quelle virtuali, che possono bloccare un'infrastruttura critica per ore o giorni mentre un missile distrugge per sempre". E' l'analisi all'ANSA di Stefano Mele, Presidente della Commissione Sicurezza Cibernetica del Comitato Atlantico Italiano e responsabile del Dipartimento Cybersecurity Law presso Gianni&Origoni.
"La rete Internet - spiega - ha avuto senz'altro un ruolo fondamentale nella parte pre-bellica con massicce operazioni di propaganda e disinformazione da parte del governo russo, tese a cercare di vincere il conflitto anzitutto nelle menti dell'establishment politico ucraino e in quelle del suo popolo. Strategia che, come oggi sappiamo, non ha funzionato e non ha quindi permesso all'esercito russo di invadere il territorio ucraino e ottenere la resa di Kiev in maniera agevole. Da quando si è passati, purtroppo, all'invasione, ai bombardamenti e ai carri armati, la cosiddetta guerra guerreggiata - osserva l'esperto -, il cyberspazio sta dimostrando tutti i suoi limiti strategici e operativi. In questa fase, infatti, la Russia ha una finestra di opportunità molto maggiore ed evidentemente più efficace nelle armi vere. La Russia ha utilizzato il cyberspazio solo come mero strumento tattico sul campo di battaglia a supporto delle operazioni militari convenzionali e come mezzo per attività di Sigint, ovvero di Signals Intelligence, per provare ad individuare ad esempio i cellulari dell'establishment politico ucraino o di altri soggetti di interesse". Inoltre, spiega Mele, Mosca è consapevole "che un attacco informatico che avesse come effetto quello di bloccare l'erogazione di un servizio essenziale sul territorio ucraino, potrebbe colpire con molta probabilità anche i sistemi informatici critici dei Paesi appartenenti alla Nato, dando così l'opportunità all'Occidente di attivare l'art. 5 del Trattato Nord Atlantico, che prevede la mutua difesa in caso di attacco armato, anche nel caso in cui esso sia portato attraverso il cyberspazio".
Anche dal canto loro, i Paesi europei e della Nato, per non far evolvere il conflitto in una guerra mondiale, hanno scelto di non attaccare "in maniera aperta e diretta le reti e i sistemi informatici russi e bielorussi ma utilizzano la copertura di alcuni gruppi di hacktivisti, tra cui il più noto è senz'altro Anonymous. Non è un caso infatti - sottolinea l'esperto - che, oltre a decine di migliaia di attacchi informatici a basso impatto indubbiamente svolti da questi collettivi, ce ne siano alcuni che hanno palesemente richiesto una capacità operativa e una preparazione fuori dalla portata di questo genere di attori. Attacchi, quindi, che verosimilmente possono essere ascrivibili ad operazioni statali. Ben consapevoli, però, degli effetti ovviamente temporanei degli stessi: un attacco informatico può bloccare per ore, al massimo per alcuni giorni, un'infrastruttura critica di una nazione; un missile può distruggere per sempre. La guerra guerreggiata - conclude Mele - è ancora oggi una cosa troppo seria per essere combattuta nel cyberspazio".
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