"C'è un vuoto normativo non solo in Italia ma anche negli altri Paesi che si affacciano sull'Adriatico, non si sa come classificare il rifiuto pescato in mare, se si tratti di un rifiuto urbano o speciale", ha spiegato Fortibuoni, "e se i rifiuti marini vengono considerati come 'speciali' il pescatore che li riporta a terra ne risulta il produttore e quindi deve assumersi la responsabilità, anche penale, del corretto smaltimento". Per non incorrere in multe, quindi, spesso i pescatori rigettano in mare quanto si impiglia accidentalmente nelle reti. Il ricercatore ha quindi accolto con favore la proposta di direttiva Ue sugli impianti portuali di raccolta per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti marini, anche se, ha sottolineato, "in molte città non c'è un vero e proprio porto dedicato ai pescherecci". Da qui l'invito a "pensare anche a norme nel caso non ci siano strutture portuali vere e proprie". Nei primi sei mesi di attività del progetto sono state raccolte circa 30 tonnellate di reti dismesse e rifiuti marini.
A Chioggia i rifiuti 'pescati' a giugno e luglio scorsi sono risultati essere per il 67% plastica, 17% tessile e 8% gomma.(ANSA) Leggi l'articolo completo su ANSA.it