Il mondo del caffè sta cambiando: i tempi di preparazione e degustazione non sono più "espresso" ma lenti e meditativi, e la "cremina" non è più un parametro indicativo di una buona tazzina al bar. Lo diventano invece, un po' come il vino, le buone pratiche agricole, la qualità dei terreni coltivati, la raccolta e la selezione manuale dei chicchi che ora vengono macinati in diretta al bancone della caffetteria.
In Italia si può gustare in una decina di locali
In questi locali, una decina circa in Italia, si celebrano l'artigianalità della produzione e la capacità di narrazione del barman, che non ha più una macchina a leva ma ad estrazione. "La bontà non è più un colpo di fortuna ma una scienza che è l'arte dell'estrarre - sottolinea Dario Fociani de 'Il Faro' a Roma - che permette di sentire più il frutto e meno la tostatura che comunque è più delicata. Per questo consigliamo di non aggiungere zucchero.
"Vogliamo restituire l'anima al caffè"
Qui non facciamo né ristretti né lunghi; vogliamo creare un caffè diverso per restituire l'anima a questa bevanda. Il caffè è una pianta e come tale va pensata. Va quindi seguita la stagionalità e la geografia dei raccolti. Va quindi seguita la stagionalità e la geografia dei raccolti. Il cambiamento climatico sta rendendo Tanzania e Rwanda i nuovi protagonisti della scena caffeicola globale; in alta quota si ottiene più acidità che è l'elemento nobile del caffè. Anche l'Uganda finora era conosciuta come produttore di Robusta mentre ora è un fornitore di qualità migliori. In generale dalle piante africane si ottengono ora caffè più acidi mentre i latinoamericani sono più morbidi. "Ma è l'attenzione ai terroir, - sottolinea Arturo Felicetta, giovane barman rientrato in Italia dopo lavori negli Specialty Coffee di Berlino - la tracciabilità della materia prima, e la sostenibilità della produzione con contadini adeguatamente retribuiti e attenti alla selezione di chicchi senza difetti primari a fare di un caffè uno Specialty". Ogni piantagione ha una sua peculiare e caratteristica lavorazione che serve a conferire un sapore particolare, creando, così, una vasta scala di gusti diversi l'uno dall'altro. "In un mercato ormai globalizzato - conclude Arturo Felicetta - è l'elemento umano, dai campi al bancone del bar, ciò che permette di distinguersi attraverso caffè specialty, certificati e raccolti a mano seguendo criteri di qualità, sostenibilità e tracciabilità del prodotto.. Il cliente che sceglie di dedicare un minuto in più alla degustazione del caffè fuori casa si affeziona a questa novità perché ritrova sia il rapporto professionale che il rapporto con la terra. Nel 2009 a Londra i pionieri di questa terza rivoluzione e ora nel Nord Europa ci sono catene dedicate a questo tipologie che romperanno le abitudini del nostro bere il caffè. Un po' come aprire una porta in un universo nuovo, - prosegue - prima ci si affidava al barista e alla regola delle 3 M (miscela, macchina, mano) ora si guarda a una comunità di lavoratori, dal campo alla tazzina". E' un po' come avvenuto nei ristoranti, conclude Fociani, prima il vino ero solo bianco e rosso, ora si sceglie un calice per la regione di provenienza o il vitigno.
Caffè come vino, si punta su terroir e cru e si degusta slow
Nata in Uk e Germania "Specialty Coffee" è ultima tendenza