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Per l'Università della Cucina Italiana la carbonara è americana

Tesi di Luca Cesari con degustazione di una ricetta del 1954

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 10 LUG - La pasta alla carbonara ha guadagnato negli anni una popolarità tale da essere diventata quasi un emblema identitario della cultura italiana culinaria, e romana in particolare. Ma cosa accadrebbe se scoprissimo che la presunta italianissima pietanza condivide una storia con gli Stati Uniti e che la formula "tradizionale" (guanciale, uova, pecorino, niente panna) è apparsa solo alla fine degli anni Sessanta? Di questo si è parlato a Firenze, nella sede dell'Università della Cucina Italiana, con Luca Cesari, storico enogastronomico e docente dell'accademia culinaria, nel corso di un dibattito con il direttore Guido Mori, seguito dalla degustazione di una ricetta di pasta alla carbonara del 1954.
    Cesari, autore del libro "Storia della pasta in dieci piatti.
    Dai tortellini alla carbonara" (Il Saggiatore, 2021), afferma che, secondo un racconto mai smentito fu Renato Gualandi, giovane cuoco bolognese, a inventare un piatto di pasta con uova, bacon, panna e formaggio, per gli ufficiali degli eserciti americano e inglese, nella Riccione appena liberata nel 1944. La ricetta lo avrebbe seguito poi a Roma, dove si recò a lavorare nei mesi successivi, finché la "carbonara" viene nominata per la prima volta in un film, "Cameriera bella presenza offresi" (Giorgio Pastina, 1951).
    La prima formulazione della ricetta appare nel 1952 in un libro americano, una guida ai ristoranti del quartiere North Side di Chicago, nella recensione del ristorante Armando's e solo due anni dopo compare per iscritto nel nostro Paese, nella rivista "La Cucina Italiana": spaghetti, uova, pancetta, gruviera e aglio. Raggiunta la consacrazione definitiva nel 1960 su "La grande cucina", libro di Luigi Carnacina, la carbonara ebbe continue evoluzioni attraverso i decenni, fino a stabilizzarsi soltanto negli anni Novanta, con i tre ingredienti classici che tutti conoscono: uova, pecorinoo e guanciale, con l'aggiunta di abbondante pepe nero.
    "Nessuno ha mai creato un piatto dal nulla, ma è sempre partito da qualcosa di preesistente, applicando ad esso variazioni e miglioramenti - afferma Cesari -. Studiare la cucina che ci ha preceduto amplia il bagaglio culturale di un cuoco, come lo farebbe l'incontro con la gastronomia di un altro paese e gli permette di avere più riferimenti per le proprie creazioni".
    "Studiare le origini di una ricetta e la storia dei piatti è un passaggio fondamentale per un giovane cuoco che si avvicina a questa professione - spiega Mori -. A parte i curiosi episodi di 'colore' restituiti dalle cronache, la cucina italiana si basa su una continua innovazione e sulla sintesi di quanto meglio esiste nelle culture del mondo. Pertanto, riconoscere l'origine americana della carbonara non rappresenta un 'tradimento', ma una presa di coscienza della nostra cultura". (ANSA).
   

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