Gli allevamenti zootecnici italiani negli ultimi 10 anni hanno contribuito a raffreddare l’atmosfera: le loro emissioni hanno catturato 4,4 milioni di Co2 equivalente l'anno, per un totale di 49 milioni di tonnellate nel decennio. È uno dei dati chiave contenuto nel nuovo volume 'Carni e salumi: le nuove frontiere della sostenibilità', di Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina, dove si mette in evidenza anche che la carne artificiale ha impatti fino a 25 volte superiori a quella naturale. Si tratta di una fotografia a tutto tondo del settore che vale il 15% di tutto l’agroalimentare con un fatturato di quasi 30 miliardi di euro, 513 mila addetti e circa 170 mila aziende agricole.
Il libro è stato realizzato con il contributo di Carni Sostenibili, organizzazione no profit che riunisce le associazioni dei produttori di carni e salumi italiani, con lo scopo di promuovere un consumo consapevole e la produzione sostenibile degli alimenti di origine animale. “L’agricoltura pesa per il 7,8% sul totale delle emissioni climalteranti, di cui il 3,5% imputabili alle filiere della carne escluso latte e uova", ha detto Pulina, professore di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili, nel ricordare che secondo i dati Ispra 2023, i settori più impattanti restano Energia e industria energetica (55,0%) e Trasporti (24,7%).
"Ma quello che è più importante è che quando si parla di impatto ambientale della zootecnia dobbiamo ragionare in un’ottica di equilibrio: in questo comparto, infatti, emissioni e sequestro avvengono nello stesso posto e nello stesso momento”. Un dato importante che si basa su uno studio dell’Università di Oxford applicate al sistema italiano dall’Università di Sassari. “Per la prima volta i ricercatori hanno considerato la differenza in termini di azione sul riscaldamento globale tra gli inquinanti climatici a vita breve, come il metano e quelli a vita lunga come l'anidride carbonica ed è stato scoperto che il primo permane in atmosfera per circa 10 anni, l’altro, invece, per oltre mille anni. In altre parole, a tasso di emissioni costanti, il metano non si accumula in atmosfera e non la riscalda contrariamente all’anidride carbonica".
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