(ANSA) - LUOGOSANTO, 04 LUG - Conosce ogni filare, ogni
angolo da lui è stato controllato e sistemato. Si potrebbe
benissimo dire che ognuno dei ceppi piantato sui quaranta ettari
di vigneto, Luca Vitaletti, agronomo della Cantina Siddùra, lo
conosce e se n'è preso cura. Il verde rigoglioso delle piante,
racchiuse con meticolosità in filari gestiti con la tecnica del
cordone speronato, invade gli occhi ed è una distesa di cui solo
in lontananza, nel territorio collinare che ricopre, si
intravede la fine.
L'ordine che regna in questo luogo, nel cuore della Gallura e
nel territorio del comune di Luogosanto, regala una serenità e
una pace di cui l'agronomo è artefice fondamentale. E lui non
distoglie mai lo sguardo delle sue piante, che regalano uva
bianca in prevalenza, ma anche acini rossi carmini. È sempre
lui, toscano trapiantato in Gallura da cui ha preso i modi
gentili e schivi, che decide come operare sulla distesa del
vigneto di una delle cantine più quotate in Italia e all'estero,
oltre che in terra sarda. Nella mecca del Vermentino, Vitaletti
continua ad esaminare il terroir che si trova a lavorare
costantemente: un Ph acido con forte caratterizzazione
granitica, un terreno povero a cui ogni anno è necessario dare
un supporto, ma con il grande pregio di essere facilmente
lavorabile anche in condizioni avverse di piogge.
"Siddùra ha impiantato i suoi vigneti immersi in un ambiente
di particolare pregio ambientalistico - racconta l'agronomo -
qui non ci sono contaminazioni industriali e tutto intorno è
ricco di macchia mediterranea e sugherete anche centenarie, un
vero paradiso. I nostri terreni sono in pendenza ed è per questo
che ho scelto di adottare particolari accorgimenti per far
cresce un'uva degna delle aspettative dell'enologo in cantina".
Ha scelto di far crescere l'erba tra i filari e di sfasciarla di
tanto in tanto lasciando i resti tritati sul terreno per
apportare nutrimento alle viti. Una scelta ecosostenibile che si
affianca a quella legata all'utilizzo dell'acqua per
l'irrigazione.
"A circa 30 centimetri sotto il suolo - spiega - sono
posizionate delle sonde che monitorano il livello di umidità
della terra e mandano dei segnali che ci indicano, filare per
filare, di quanta acqua necessitano le piante. Così, dalle
nostre vasche di raccolta posizionate nel punto più alto della
tenuta, l'acqua viene indirizzata in maniera meticolosa, senza
sprechi, riuscendo a calibrare anche l'apporto per modulare la
produzione". "La vite - dice convinto - è un essere vivente e
come tale va trattata e rispettata. Ci troviamo su un terroir
povero, in cui la pianta è normalmente portata a non dare un
prodotto finale eccelso, ma avrà però delle caratteristiche
organolettiche molto particolari. Per questo farla 'soffrire'
nel modo giusto può dare dei benefici". Benefici e
caratteristiche singolari e riconoscibili che si trovano
racchiusi in ognuna delle bottiglie marchiate Siddùra. (ANSA).
L'agronomo Vitaletti, la sfida di un terreno povero
I vitigni della cantina Siddùra vincono la scommessa